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Tour per le Olimpiadi, nove azzurri al via: gli italiani si allenano ma senza particolari ambizioni né possibilità

Federico Danesi
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Uno dei tormentoni più gettonati negli ultimi vent' anni al Tour de France è: «ma perché non torniamo indietro nel tempo riproponendo le squadre nazionali?». Ecco, l'Italia lo ha fatto, anche se è una necessità più che una volontà. Senza una squadra nel World Tour, con i professionisti nostrani che all'estero non sono considerati prime scelte salvo rarissimi casi, ci ritroviamo oggi al via della Grande Boucle con un contingente quasi risibile. Ogni team può portare otto atleti e i nostri sono nove in tutto: non succedeva da 37 anni di avere un organico così ridotto. Questione di scelte. Perché alcuni di quelli che sono rimasti a casa, in realtà sarebbero stati benissimo pure qui. Pensiamo a Damiano Caruso che al Giro si è scoperto grande, Giulio Ciccone, Gianni Moscone Alberto Bettiol. Nomi non a caso, ché saranno quasi sicuramente loro ad indossare la maglia azzurra nella gara in linea alle Olimpiadi di Tokyo. Manca un quinto e per motivi diversi quel posto se lo giocano Vincenzo Nibali e Davide Formolo, entrambi al via di questo Tour anche se con prospettive e idee diverse.

 

 

INFORTUNIO DIMENTICATO
Se Nibali darà risposte buone fin dai primi giorni della corsa, difficile che Davide Cassani lo lasci a casa, per mille motivi. Uno è legato alla botta di sfiga che colpì il messinese cinque anni fa quando cadde mentre si stava involando a vincere la gara delle Olimpiadi a Rio, lasciando campo libero a Van Avermaet. Gli altri però sono più che altro collegati alla sua classe, alla sua esperienza e ad un percorso che può ricordare un Lombardia, con diverse salite non semplici da affrontare. Per questo Nibali è al Tour e ci sarebbe stato anche se il Giro d'Italia fosse andato meglio. Doveva essere e sarà la sua rifinitura con vista Giappone, a meno che la condizione non lo tradisca. Ma l'infortunio pre Giro è dimenticato, fisicamente sta bene e ha promesso battaglia anche se ha già messo le mani avanti perché probabilmente Parigi la vedrà solo in cartolina. Nel resto della spedizione c'è Sonny Colbrelli, che arriverà con la maglia di campione d'Italia appena conquistata a Faenza ma sogna già dai primi giorni di indossare quella gialla, forte di una condizione impeccabile.

 

 

Ci sono Davi de Formolo, Daniel Oss, Jacopo Guarnieri, Lorenzo Rota e Kristian Sbaragli che per motivi diversi lavoreranno per le loro squadre, Davide Ballerini che può puntare a vincere una tappa e Mattia Cattaneo destinato a far classifica, anche se non da top ten sulla carta. Ma poi c'è l'altro Tour, quello di chi invece il podio di Parigi lo sogna anche di giorno. I bookmakers e la logica dicono che sarà Slovenia contro Ineos Grenadiers. Da una parte Tadej Pogacar e Primoz Roglic, i primi nell'edizione 2020 risolta solo al penultimo giorno con una crono drammatica ed esaltante (a seconda di come la si guardi). Dall'altra lo squadrone con Geraint Thomas, Ri chard Carapaz, ma anche Richie Porte. Sarà battaglia sui 58 chilometri a cronometro (20 in più rispetto all'ultimo Giro d'Italia), distribuiti tra la quinta tappa e la penultima, ma anche sulle montagne che non mancano. Sabato 3 luglio arrivo in cima a Le Grand Bornand nel primo tappone alpino e il giorno dopo altro arrivo in quota a Ti gnes. Poi la doppia ascesa al Mont Ventoux e due tapponi sui Pirenei, ma senza arrivi in salita, con sconfinamento ad Andorra. Il 14 luglio, ancora Pirenei con Col de Peyresourde, Col de Val Lauron-Azet e Col du Portet, poi il traguardo pirenaico di Luz Ardiden e la crono che anticipa Parigi. Bello, ma l'Italia latita. 

 

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