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Andrea Pirlo presentato come un mafioso, lo sfregio in Turchia: tutto in questa foto

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Claudio Savelli
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La carriera da allenatore di Andrea Pirlo non è di certo convenzionale. Annunciato nell'agosto 2020 come tecnico dell'Under 23 della Juventus, nel giro di una settimana si ritrova invece alla guida della prima squadra al posto di Maurizio Sarri, senza mai aver allenato prima. Dopo una stagione con due trofei (Coppa Italia e Supercoppa) e un quarto posto strappato all'ultima giornata, viene accompagnato alla porta, a conferma implicita che la scelta di Agnelli era tanto ambiziosa quanto avventata. Il primo anno nel tritacarne del calcio di massimo livello lo obbliga a fermarsi per una stagione, al contrario di ciò che si auspica un giovane mister, ovvero allenare con continuità, fare, capire, imparare e crescere. Viene accostato in inverno a squadre in difficoltà quali Genoa e Salernitana come uomo della salvezza: gentilmente declina. Pensa che l'ingresso in corsa non sia cosa buona e giusta, meglio rinunciare al calcio italiano, qualora questo non offra un'occasione degna.

 

 

DUE MILIONI A STAGIONE
Questa occasione pare essere il Fatih Karagümrük, che ha chiuso l'ultima Super Liga all'ottavo posto: Andrea Pirlo ne sarà l'allenatore. Non sono i soldi ad aver convinto il mister bresciano, se è vero che 1,5 milioni a stagione (più 0,5 di bonus) era quanto chiedeva ai club italiani e quanto percepiva alla Juventus, e nemmeno la durata del progetto visto che il contratto firmato dura un solo anno: è semmai decisiva la volontà di rilanciarsi («Avevo bisogno di ripartire»), la stessa che aveva convinto Prandelli e Mancini ad accettare il Galatasaray, esperimenti falliti miseramente, e in ultimo Montella a scegliere l'Adana Demirspor, dove ha trovato Balotelli e dove rimarrà dopo il nono posto in campionato.

 

 

Per Pirlo è stata decisiva anche la colonia italiana di giocatori, particolarmente influente sulla dirigenza, che lo ha corteggiato per alzare il livello competitivo della squadra. Il capofila è il portiere Viviano, seguito dal difensore Biraschi e dall'attaccante Borini. Molti di quelli che ti domandi «dove sono finiti?» giocano nel Karagümrük. Ci sono anche Biglia, Benatia, Karamoh e l'ex Atalanta Pesic. C'era anche Bertolacci, passato al Kayserispor, e Zukanovic e Castro, senza dimenticare poi il tecnico italiano Francesco Farioli che ha guidato la squadra dal marzo a dicembre 2021. Almeno lui non fu presentato nelle vesti de Il Padrino, come accaduto in questi giorni a Pirlo sui social del club: forse hanno sbagliato soprannome. Perché il Karagümrük sceglie così tanti italiani? Per via di un altro cliché: la tattica. «Il modo di giocare in serie A si adatta molto bene a quello che serve in Turchia. La cura per la tattica permette ai nostri ragazzi di saper giocare bene anche senza parlare», spiega il presidente Süleyman Hurma, ex allenatore e direttore sportivo.

 

 

COME IN CINA
E aggiunge: «Non godiamo di grande riconoscimento nel mondo, quindi ho dovuto aumentare il valore del nostro marchio per sperare di avere un giorno giocatori giovani e di livello». Intanto convince calciatori e tecnici di spessore con un trattamento da re, un po' accadeva in Cina qualche anno fa: auto private, appartamenti di lusso a Istanbul, club a completa disposizione per agevolare la vita delle famiglie. La squadra ha raggiunto la massima divisione nel 2019 dopo 36 anni, il progetto è ambizioso ma già sentito: molti altri simili sono naufragati. Chissà se il Karagümrük durerà. 

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