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Formula 1, è morto Mauro Forghieri: papà delle Ferrari mondiali

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Leonardo Iannacci
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Tra le innumerevoli doti di Mauro Forghieri, scomparso ieri all'età di 87 anni, ce ne era una che, solitamente, non è la prima di un ingegnere geniale quale era lui: una simpatia esagerata. Per questo motivo tutti gli volevano bene, anche i piloti con i quali aveva fatto baruffa: Jackie Ickx e, soprattutto, Niki Lauda. «Niki è stato il pilota più completo con il quale abbia lavorato, era analitico, veloce quando serviva e vincente. Rispettava la macchina. Al termine di una gara le Ferrari 312 con cui vinse due mondiali sembravano nuove, quasi non avessero neppure corso per 50-60 giri a 300 all'ora. Però, come uomo, Lauda era molto... difficile. Diciamo così». E sorrideva, l'ingegnere. Gli chiedevi il perché ma lui, aggiustandosi gli occhiali, divagava, tenendo per sé segreti e misteri e buttandola sulla battuta, da vero emiliano nato all'epoca di Peppone e Don Camillo: «Niki aveva una moglie stupenda che aveva soffiato a un attore tedesco, Curd Jurgens. Lauda mi convocò per una riunione tecnica a Ibiza. Presi un aereo, atterrai, mi presentai a casa loro e Marlene mi aprì: era nuda. Uno spettacolo. Niki rideva all'imbarazzo del sottoscritto, un uomo nato tra le due Guerre.

 

Ma a Ibiza, in quegli anni '70, andava così». Forghieri, figlio di un capofficina, venne assunto da Maranello nel 1961, a soli 26 anni. Ci rimase sino al 1985. E lì, con budget ben inferiori rispetto a quelli dei team rivali inglesi, costruì bolidi in grado di vincere 11 mondiali di F.1, quattro titoli piloti (con Surtees, Lauda e Scheckter) e sette costruttori, oltre alla celeberrima 24 Ore di Le Mans. «Gilles Villeneuve è stato il pilota più amato da Ferrari. Non ero presente al Gp di Imola del 1982 quando Pironi lo tradì. Avrei potuto impedirlo ma Gilles, offeso, si incavolò al punto che nel successivo Gp del Belgio guidò come un pazzo e trovò la morte», ci disse Forghieri l'ultima volta che ci siamo parlati. Fu un giorno in cui era stanco e un po' sperduto nei ricordi di una vita che è stata esaltante ma anche intervallata da dolori personali. E poi: «Un rimpianto nella mia professione? Mi sarebbe piaciuto costruire una Ferrari per Jackie Stewart che, per un nonnulla, non firmò con noi. E per quel fenomeno di Jim Clark che se andò nel 1968 durante una gara di F.2. Attualmente i migliori sono Hamilton e Verstappen».
La F.1 gli deve due grandi intuizioni tecnologiche, poi copiate dai rivali: gli alettoni sulle monoposto introdotti per la prima volta durante le prove del Gp del Belgio del 1968 e lo sviluppo dei motori turbo nelle Ferrari 126, quelle guidate da Villeneuve e Pironi. Il divorzio con Maranello avvenne nel 1985 ma senza grandi frizioni: Forghieri riconosceva la grandezza del Drake anche se in privato non disdegnava di raccontare vezzi e spigoli del grande costruttore di Maranello. Si trattava, il loro, di un rapporto non solo professionale: Forghieri doveva tutto al Drake. E molto il Drake a Forghieri. Tutto il mondo piange questo ingegnere, questa grande eccellenza italiana. E già, ci fosse un giovane Forghieri, oggi, in Ferrari...

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