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Qatar 2022, "io sono gay": chi esce allo scoperto, sfida agli emirati

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"Oggi mi sento qatarino. Oggi mi sento arabo. Oggi mi sento africano. Oggi mi sento gay. Oggi mi sento disabile. Oggi mi sento un lavoratore migrante". Il presidente della Fifa Gianni Infantino prova a convincere il mondo che il Qatar, dove tra poche ore inizierà il primo Mondiale novembrino della storia, sia stata la scelta giusta e non solo guidata dal business e dalla pioggia di petroldollari piovuta sui dirigenti del massimo organo calcistico del pianeta.

Quella di Infantino era, ovviamente, una provocazione, anche abbastanza scontata e innocua. "Naturalmente io non sono Qatari, arabo, migrante, gay, disabile - ha proseguito - Ma so che cosa voglia dire essere discriminato, so che cosa vuole dire essere straniero in un Paese straniero. Da bambino mi bullizzavano perché avevo i capelli rossi, perché ero italiano e non parlavo bene il tedesco. Ma tu accetti la sfida, provi a farti degli amici, nuovi contatti, non rispondi all'insulto con l'insulto. Oggi sono orgoglioso della Fifa, di questo marchio sulla giacca, di questo Mondiale, che sarà un bellissimo evento, il più bello che ci sia mai stato".

 

Sulle 6.500 morti nella costruzione degli stadi ha aggiunto: "Quello che sta accadendo in questo momento è profondamente ingiusto. Le critiche al Mondiale sono ipocrite. Per quello che noi europei abbiamo fatto negli ultimi 3.000 anni dovremmo scusarci per i prossimi 3.000 anni, prima di dare lezioni morali agli altri. Queste lezioni morali sono solo ipocrisia. Noi - ha proseguito il numero 1 della Fifa - in Europa chiudiamo le frontiere, creiamo stranieri illegali: quante persone muoiono cercando di entrare in Europa. L'Europa dovrebbe fare come il Qatar, creare condizioni legali per i lavoratori stranieri. Certo, le riforme hanno bisogno di tempo, di anni e anni. Ma chi è qui in Qatar, da lavoratore straniero, lo è in maniera legale e ha tutta l'assistenza, anche sanitaria. In Qatar ognuno è benvenuto di qualunque religione, di qualunque orientamento sessuale sia". Peccato che solo pochi giorni fa l'ex ambasciatore della nazionale e della Coppa del Mondo del Qatar Khalid Salman avesse suscitato indignazione per aver definito l'omosessualità "danno nella mente" in un'intervista all'emittente tedesca ZDF.

 

E chissà che non rientri in questa gigantesca operazione di "lavaggio d'immagine" del Qatar anche l'uscita del capo dei media della Fifa, Bryan Swanson, che ha scelto la fine della conferenza stampa di Infantino per fare coming out: "Sono qui in Qatar e sono gay. Ho visto molte critiche nei confronti di Infantino da quando sono entrato a far parte della Fifa, in particolare dalla comunità LGBTQ - ha proseguito -. Sono seduto qui in una posizione privilegiata su un palcoscenico globale come uomo gay qui in Qatar. Abbiamo ricevuto assicurazioni che tutti sono i benvenuti e credo che tutti saranno i benvenuti in questa Coppa del Mondo". "Solo perché Gianni Infantino non è gay, non significa che non gli importi. Gli importa. Tu vedi il lato pubblico. Io vedo il lato privato", ha concluso Swanson. "Ne abbiamo parlato in diverse occasioni. Ho pensato a lungo se dovessi menzionarlo (parlare del proprio orientamento sessuale), ma mi sento forte al riguardo. Alla Fifa ci preoccupiamo per tutti. Siamo un'organizzazione inclusiva. Ho un certo numero di colleghi gay. Quindi seduto qui sono pienamente consapevole del dibattito e rispetto pienamente il diritto di tutti e le opinioni di tutti di pensare in modo diverso. Capisco. Ma so anche cosa pensiamo perché e quando (Infantino) dice che siamo inclusivi, lo intende davvero". Almeno lui.

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