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Orsato "raccomandato"? In Qatar lo strano caso dell'arbitro italiano

Claudio Savelli
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Gli arbitri sono come l'erba del famoso proverbio: quelli del vicino sono sempre più bravi (perché se sono verdi, c'è un problema...). Così, mentre gli italiani considerano Daniele Orsato un "raccomandato", un "sopravvalutato" o un "flop", gli altri lo reclamano a gran voce per le loro partite al Mondiale. Una fortuna che toccherà a Croazia e Argentina, terza e probabilmente ultima gara a cui viene assegnato il rappresentante dei fischietti italiani in Qatar. Ciò preclude la finale, certo, ma significa anche che il 47enne di Montecchio Maggiore (provincia di Vicenza) è sul podio dei migliori interpreti al mondo. Nel 2020 è stato eletto miglior arbitro in assoluto dall'IFFHS (Federazione Internazionale di Storia e Statistica del Calcio). In Europa e nel mondo, dopo ogni gara, Orsato viene esaltato perché il suo stile esalta il gioco. In Italia, al contrario, lascia troppo correre. Paradosso vuole che al Mondiale stia fischiando molto più del solito: nelle due gare finora arbitrate (quella inaugurale, Qatar-Ecuador, e la delicata Argentina-Messico) ha infatti fischiato in media 32 falli contro i 15.75 nella Champions League di questa stagione. È un dato che certifica la sua migliore capacità: l'interpretazione. Orsato studia la gara nei primi minuti di gioco e agisce di conseguenza, adattandosi alle condizioni poste dai giocatori piuttosto che imponendosi sudi loro.

TUTA BLU
È un curioso di natura, per questo si esalta nel caos di una partita di calcio. Da ragazzo è affascinato dalla luce. Decide di diventare elettricista e, passando per la scuola professionale, ci riesce: «Quando comprai la tuta blu e la prima cassetta degli attrezzi, pensai di aver raggiunto il mio sogno». Allora si pone un nuovo obiettivo: arbitrare. Nel 1992, a 17 anni, entra nella sede della sezione di Schio, «giusto uno scantinato di una scuola» e, per prima cosa, chiede quanto ci vuole per arrivare in serie A. Il presidente di sezione spiega che, se tutto va bene, servono circa 16 anni, il tempo necessario per la gavetta in tutte le categorie del calcio: esordienti, giovanissimi, juniores, prime squadre dilettanti e su fino al professionismo. Se sei capace, naturalmente. Orsato si rivela capace fin da subito. Oddio, magari non dalla prima gara («Esordienti, Chiampo-Zumar Tezze, campo di sabbia. Non ho fatto altro che guardare, ho fischiato solo l'inizio e la fine dei tempi»), ma «è normale». Devi cambiare prospettiva.

Non primeggia dal punto di vista atletico ma è carismatico e capisce che con i giocatori bisogna costruire un dialogo, non un muro. Nella sua carriera subentra anche una discreta dose di fortuna, quella che teoricamente aiuta gli audaci. Come lui. Non fossero state allineate le norme arbitrali italiane a quelle internazionali (nella Fifa non esistono limiti di età) giusto due anni fa, al fischietto azzurro non si sarebbero spalancate le porte del Mondiale. Avrebbe smesso lo scorso giugno, a 45 anni compiuti, un anno e mezzo prima della convocazione in Qatar. Ora, da 47enne, arbitrerà una semifinale con il benestare dei giocatori (la maggior parte dei croati e degli argentini sono abitudinari del campionato italiano o della Champions) e degli avversari. Ha infatti il vantaggio unico e raro di essere un italiano in un Mondiale senza l'Italia. Nessuno potrà lamentarsi, come accaduto con i portoghesi nei quarti di finale contro il Marocco nei confronti del direttore di gara argentino. Si goda la semifinale, Orsato. E si goda Orsato chi, questa semifinale, ha la fortuna di disputarla.

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