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Leo Messi, schiaffo di Giuliano Ferrara: "Coca e sesso estremo", mai come Diego

martedì 20 dicembre 2022

Giuliano Ferrara

2' di lettura

Leo Messi è finalmente riuscito a coronare una carriera leggendaria mettendo le mani sulla Coppa del Mondo. Un secondo dopo la vittoria ai rigori dell’Argentina contro la Francia è partita la discussione: Messi ha superato Diego Maradona? A livello di numeri e di palmares la bilancia pende tutta dalla parte di Leo, ma a livello simbolico Diego sembra sempre irraggiungibile. Giuliano Ferrara su Il Foglio ha spiegato quella che a suo avviso è la “radicale differenza” tra i due numeri dieci dell’Albiceleste. 

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“Diego è incomponibile con Leo, non so se per come giocava, questo lo lascio agli esperti, certo per come viveva, per come era, per quanto rappresentava al cospetto delle passioni”, ha scritto Ferrara. “Cocaina, lealtà verso gli amici criminali, sesso estremo e variamente figliante - ha proseguito - familismo un po’ turpe della Tota (e di mamma, per fortuna, ce n’è una sola), caudillismo e poveraccismo erano il suo stigma; Messi vincitore, con l’aiuto del suo immenso talento e di una imperscrutabile fortuna, senza bisogno della mano de Diós, ha indossato una veste regale donatagli da al Thani l’Emiro, sotto gli occhi esterrefatti dei maradoniani Castro e Che Guevara dal cielo, e ha sollevato una coppa che sa di denaro, di buoni investimenti, di ragazzini legali, i suoi propri, di allenamenti disciplinati, di professionismo antipopulista, di familismo ordinario, banalmente conformista, non di campetto fangoso”. 

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Ferrara ha poi tirato in ballo il regista Emir Kusturica, autore del documentario su Maradona nel 2008: “Faticherebbe a girare anche solo un fotogramma della vita di Leo, lui che ha celebrato vita e morte di Diego in un magnifico, opulento, immoralità documentario biografico del grandissimo eroe nero che le folle hanno adorato e adorano fino a accettare nell’oblio il suo erede così perbene. L’altare di Maradona però resta cristico, un luogo di dolore e di trasfigurazione del male in bene e viceversa, mentre il palco di Messi è laica rappresentazione di una sfilza di successi sportivi, niente di più ovvio e disincantato. La questione non è scegliere l’idolo giusto, gli idoli sono loro a scegliere gli idolatri”.

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