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Luciano Spalletti, bomba su Donnarumma: "Cosa deve rispettare"

Claudio Savelli
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L’unico lato positivo di una sfida del genere è che l’Italia dovrebbe conoscerne tutte le pieghe. Non è un playoff, ma si avvicina molto, ha le sembianze di una partita secca in cui ci si gioca l’accesso ad una grande competizione, e la Nazionale negli ultimi anni ne ha disputate una manciata. Non è mai andata bene, quando l’Italia ha qualcosa da perdere di solito perde, ma dagli errori del passato si può imparare. Si deve, a questo punto: la Nazionale è lontana tre punti dall’Ucraina, seconda e ultima delle qualificate tramite il girone a Euro2024, eva raggiunta qui e ora per rendere decisiva la gara di ritorno. È il minimo a cui l’Italia dovrebbe ambire, ma serve il massimo sforzo per raggiungerlo.

È questa consapevolezza che deve avere la Nazionale. Umiltà e senso del momento, della realtà, delle cose. Deve rendersi conto che ora deve faticare il doppio per ciò che poteva sembrare scontato un paio di anni fa. È l’atteggiamento che è mancato nel secondo tempo contro la Macedonia, dopo il vantaggio di Immobile: l’Italia è tornata a pensarsi migliore dell'avversaria e avente di diritto la vittoria. Non è così in generale e, soprattutto, non è così in questo momento di crisi di identità e di passaggio di consegne. La ricerca dell’Italia è doppia: della felicità e del gol. Il problema principale è che segniamo poco, e probabilmente segniamo poco perché c'è più pressione che gioia nel giocare. Nel 2022 sono arrivate 14 reti in 11 partite, di cui 6 in amichevole prima del Mondiale degli altri. Quando conta di più, l’Italia non è serena e si blocca: nel 2022 sono solo 8 gol in 9 gare ufficiali.

 

MENTE LIBERA
Nel 2023 l’andamento è identico: 5 gare, 7 reti, di cui 3 nella finalina di Nations League contro l’Olanda, cioè una gara irrilevante, un esercizio di stile a mente libera. Nel girone di qualificazione agli Europei, cioè quando il peso del risultato è tornato, sono arrivati 3 gol in 3 partite. Pochi per una formazione che non riconosce il pericolo e che non sa difendere il minimo vantaggio.

La concentrazione è mancata ad esempio a Donnarumma sulla punizione di Bardhi che è costata due punti in Macedonia. Come se non ci fosse la paura di non qualificarsi. Ora deve esserci per forza, il punto è trasformarla in adrenalina e non in ansia. Per questo Spalletti non drammatizza l’errore del portiere, anzi lo protegge: «Non gli viene perdonato di essere un prodigio: sarà titolare». Il nuovo ct familiarizza subito con il ruolo e l’eccesso di critica verso quella che lui stesso ha definito «la squadra di tutti» ma che, in caso di crisi, diventa la squadra di nessuno: «Viene aspettato al varco per poi andarlo a colpire. C’è questo modo di ragionare...». Già, un vezzo italiano. Ben venga un ct che fa scudo ai suoi calciatori, senza però esagerare.

Spalletti infatti annuncia Donnarumma titolare ma in cambio chiede pubblicamente che Gigio «rispetti il suo talento»: tradotto, che cancelli la sufficienza di cui sopra. Spalletti sa che il momento è complesso e allora cerca di farla semplice: «L’obbligo di vittoria è facile da gestire: dobbiamo battere tutti quelli che ci stanno davanti. E si deve vedere che vogliamo batterli». L’unico problema che ammette di avere è «di formazione», avendo dovuto «mandarne due a casa», Mancini e Politano, dopo Chiesa e Pellegrini. C’è da risolvere il problema del gol ma non ci sono molte frecce all’arco. Il ct cambierà due terzi dell’attacco, le ali, i creativi ai lati di capitan Immobile: dentro Raspadori e Zaniolo, fuori Zaccagni e Politano. A centrocampo, Locatelli e Frattesi dovrebbero sostituire Cristante e Tonali: sono due che fremono e hanno voglia di dimostrare, di reagire. Quel che serve all’Italia per evitare dei playoff che, per fortuna, non vengono nemmeno citati. Mani avanti? Vietate. Un buon segnale.

 

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