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Jannik Sinner dopo il trionfo: "E adesso?", la frase che spiega tutto

Leonardo Iannacci
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Alle 16.20 di ieri, giovedì 16 novembre, a Jannik Sinner è scappato un sorriso. Poi ha scelto una canzone nella sua playlist, un classico dei Beatles: «With a little help from my friends». Una dedica al giraffone polacco Hubert Hurkacz con il quale il rosso di San Candido ha stretto un rapporto quasi fraterno nel circus del tennis, a tal punto da sceglierlo spesso nei tornei di doppio. La ragione è molto semplice: il ragazzo di Cracovia, inserito in queste Finals torinesi con il ruolo di riserva dopo l’infortunio di Tsitsipas, ha vinto il secondo set per 6-4 dopo aver perso il primo per 7-6 contro l’orco cattivo Nole Djokovic, esaltando i 12.000 che affollavano il PalAlpitour e facevano un tifo indiavolato per il polacco.

Il motivo? La classifica avulsa lasciava ancora una porta aperta all’eliminazione di Jannik dalle semifinali e invece, facendo suo il secondo set, Hurkacz ha regalato all’altoatesino il pass per continuare a sognare. Che la partita sia stata poi vinta da Djokovic, nervoso e teso come poche altre volte l’abbiamo visto, fischiatissimo martedì quando si è fatto matare da Sinner ma applaudito ieri, è una quisquilia, direbbe Totò.

Chiusa per 6-1 la pratica nel terzo set, il serbo è uscito dal campo con una smorfia che ne sottolinea le sue giornate tutt’altro che allegre, qui a Torino. Ne sa qualcosa il suo staff, vaffanculato più volte da Nole durante la sfida con Hurkacz.

 

RECORD RISCRITTI
Tornando a Jannik, l’impresa che ha fatto è eccezionale: in 54 anni mai un italiano si era classificato tra i primi quattro delle Atp Finals, neppure ai tempi d’oro di Panatta e Barazzutti. Anzi, quei due satanassi non avevano vinto neppure una partita in questo torneo che riunisce gli otto maestri dell’annata tennistica. Ci era riuscito soltanto Berrettini a Londra, nel 2019 quando superò Dominic Thiem per 7-6, 6-3, risultato ininfluente visto che Matteo aveva precedentemente perso contro Federer e Djokovic. La semifinale che Sinner giocherà domani ingigantisce ulteriormente quello che sta facendo e che conferma i numeri eccelsi di questo finale di stagione. I due tornei vinti a Shangai e Vienna (il nono e il decimo in carriera), la posizione numero 4 del ranking, i cinque successi consecutivi contro avversari nella top-5 e la stima che i colleghi gli manifestano («Jannik diventerà numero 1 nel 2024», ha detto Alcaraz), ne sottolineano i passi da gigante verso la nobiltà.

Un livello tennistico, quello raggiunto da Sinner, che ha strizzano il cuore da meraviglioso novantenne di Nicola Pietrangeli, un nonno brontolone che non è mai stato tenero con tutti i suoi “nipotini”: «Jannik è stato grande in questi giorni, però vorrei fare una precisazione: non ho mai detto che non vincerà quello che ho vinto io, mai. Ho semplicemente augurato a questo ragazzo serio e tenace di arrivare a conquistare tutto quello che c’è nel mio albo d’oro. Quale Slam vincerà prima degli altri non lo so, altrimenti andrei a scommettere, ma succederà. E aggiungo: domenica sarà il primo tennista italiano a conquistare un Master, trionferà perché se lo merita. Le chiacchiere e quello che certi giornalisti mi mettono in bocca sono fuffa».

 

STREGATO PURE IL CALCIO
Persino uno sportivo di ghiaccio, friulano e avvezzo a battaglie sui campi da calcio che hanno fatto epoca come è Fabio Capello è stato conquistato dal ragazzo: «Quando gioca Jannik non riesco proprio a guardare le sue partite con la giusta calma. Mi agito come fossi in campo a Wembley, nel 1973, contro l’Inghilterra!», ha detto Capello. Sotto il suo cappellino che non si toglie mai, sorridente e dispensatore di autografi e selfie, alla domanda: «E adesso?», Jannik risponde ripassando il jingle che lo ha fatto campione: «Devo migliorare. Dove? In tutto». La soglia che lo separa ancora dalla leggenda sta proprio in questa risposta metafisica. Ben venga, e non sventurata come diceva il poeta, è la terra che ha bisogno di eroi.

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