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Il Santos di Pelè va all'inferno: persa la categoria, è la prima volta in 111 anni

Gabriele Galluccio
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Pelé si è risparmiato lo strazio di vedere il Santos sprofondare in serie B per la prima volta in 111 anni di storia. A un anno dalla morte di uno dei calciatori più forti di sempre, la sua squadra storica è caduta in rovina. La retrocessione non può essere derubricata a incidente di percorso perché viene da lontano e ha cause ben precise. Il club che solo tre anni fa disputava una finale di Libertadores è stato fatto a pezzi dal presidente Andrés Enrique Rueda Garcia, additato da tutti come il principale colpevole della caduta all’inferno. Incapace di prendere decisioni sensate, il numero uno del Santos ha pagato a caro prezzo l’assenza di un dirigente qualificato dal punto di vista calcistico e le dichiarazioni che non hanno fatto altro che alimenare l’ira e la disperazione dei tifosi. Uno dei club più titolati al mondo è stato gestito in maniera dilettantistica, al punto che la prima retrocessione in serie B è un epilogo quasi scontato. In questa stagione sono stati acquistati alla rinfusa una ventina di calciatori e si sono alternati ben quattro allenatori: Odair Hellmann è stato esonerato all’undicesima giornata, Paulo Turro è durato sette partite, Diego Aguirre addirittura meno (cinque). Infine è toccato a Marcelo Fernandes completare l’opera: scelto perché «conosce il Santos» si è dimostrato subito inadeguato, perdendo 7-1 con l’Internacional...

CAOS INSENSATO
Senza dimenticare tutti i casini con Marcos Leonardo, l’attaccante 20enne che avrebbe potuto tranquillamente essere il capocannoniere del campionato nonché l’ancora di salvezza del club. Aveva segnato 13 gol in 22 partite, è rimasto a secco nelle ultime 8 e si è pure beccato una panchina punitiva nella settimana più importante nella storia del Santos per essere arrivato in ritardo per un volo. La situazione è precipitata alla fine dell’estate, quando il club si è rimangiato la promessa di cederlo alla Roma: da quel momento Marcos Leonardo è diventato ingestibile, tra allenamenti saltati e minacce di rifiutarsi di giocare. In questo scenario desolante aggiungiamoci pure i tifosi che sono andati completamente fuori di testa, passando il limite in più occasioni nel corso della stagione. A un certo punto il Santos ha addirittura vietato alla sua gente l’ingresso allo stadio per 30 giorni. Dopo che Lucero ha segnato un gol alla Maradona da centrocampo, in pieno recupero, e condannato il Santos alla retrocessione, dentro e fuori lo stadio si è scatenato l’inferno. Tra bombe carta, petardi, tentativi di invasione di campo e auto incendiate, è stata una notte orrenda per il popolo del Peixe. I calciatori sono invece rimasti a lungo in campo, distrutti e inconsolabili, mentre i militari in assetto anti-sommossa li proteggevano da eventuali aggressioni.

 

 

A distanza ha sofferto anche Neymar, che ha seguito la partita in tv e ha poi cercato di lanciare un messaggio distentivo ai suoi ex tifosi: «Santi, sempre, Santi. Torneremo a sorridere». Non succederà presto, dato che il presidente Garcia consegnerà al suo successore una squadra di seconda divisione, con il morale a terra e le casse vuote. A causa della retrocessione del Santos sono scese a 27 le squadre appartenenti all’esclusivo club di chi non è mai stato in B: in Brasile sono rimaste Cruzeiro, Flamengo e San Paolo, mentre nei cinque principali campionati europei resistono soltanto l’Inter in Italia e Real Madrid, Barcellona e Athletic Bilbao in Spagna. In totale nel vecchio continente sono ancora 19 le squadre mai retrocesse, mentre in Sud America sono 8. Una questione di prestigio che ha reso ancora più dolorosa la discesa del Santos, il cui dramma ha oscurato la vittoria del campionato da parte del Palmeiras e pure l’incredibile crollo del Botafogo, arrivato quinto dopo essere stato primo a +14. Stranezze brasiliane... 

 

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