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Roberto Mancini smontato da Bergomi: "Fatico a capirlo. Io non penso ai soldi"

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Anche lui è conscio che il calcio di una volta non c’è più, quello delle bandiere (Totti, Maldini, Del Piero, Zanetti), sostituito da un altro dove regna solo il guadagno. Beppe Bergomi si è raccontato in una lunga intervista a La Stampa, lo fa a due giorni dal suo 60° compleanno (il 22 dicembre): “Oggi ho ristretto il giro di persone che frequento e perso parecchie amicizie — esordisce — Spengo il telefono alle 14.30, alleno e lo riaccendo alle 18. Non è detto che la sera stessa risponda ai messaggi ricevuti. E c’era chi si offendeva, basta”. Come non capisce la scelta di Roberto Mancini di lasciare la Nazionale e allenare in Arabia: “Fatico — dice l’opinionista di Sky Sport — Si intuiva che qualcosa non girasse perché era troppo accomodante, come lui non è. Mi immaginavo o che lasciasse dopo la mancata qualificazione ai Mondiali, non per responsabilità, per la chiusura di un ciclo oppure che fosse rimasto per il mordere dell’ambizione. Così non comprendo, anche se i suoi motivi li avrà”. E proprio l’ex bandiera dell’Inter sarebbe stata capace, al posto del tecnico di Jesi, di dire di no: “Non è amorale dirlo. Personalmente mi chiedo: se già guadagni cifre più che importanti, raddoppiarle, triplicarle sposta? Non è polemica, solo un punto di vista”.

Bergomi: “Soffro a vedere l’Inter in tv. Simeone ha guardato Guardiola e…” 
La polemica da telecronista che gli ha dato più fastidio “è quando mi dicono che non sono abbastanza interista — dice a La Stampa —. Mi contestano pure per il contrario, ma quello non mi fa soffrire. Se guardo l’Inter da casa mi divoro, non riesco neanche a stare seduto. In telecronaca subentra la  professionalità. È più facile con la nazionale, lì spingi e basta… fino al famoso ‘Andiamo a Berlino’”. Il modo di raccontare il calcio “è cambiato tanto quanto il calcio. E io credo di essere uno dei primi che ha dato ritmo. Diversi miei colleghi si ritirano e fanno un passaggio in tv e non esprimono una opinione. Io mi sono esposto e infatti sto a Sky da 25 anni”. Un commento poi va anche sugli allenatori, quelli più giochisti come Guardiola e quelli che pensano al risultato sacrificando la bellezza (vedasi Massimiliano Allegri): “Una contrapposizione vera, solo che non c’è un giusto e uno sbagliato. Il giochista al massimo ruba l’occhio. Il mio amico Simeone si è preso del tempo per seguire Guardiola e mi ha detto: non fa per me. Lo stile con cui alleni te lo devi sentire”.

 

Bergomi e i Mondiali di Italia ’90: “Non so se a Roma sarebbe cambiato il risultato contro l’Argentina”
Poi è il momento dei ricordi, Bergomi ripensa al Mondiale vinto nel 1982 in Spagna come “la più grande soddisfazione”. Quello di Italia ‘90, delle ‘notti magiche’ “il più grande rimpianto”: “Il gol preso contro l’Argentina ancora lo rivedo nella testa — dice — Non so se sarebbe cambiato il risultato, eppure giocare a Roma sarebbe stato diverso. Non per il tifo, Napoli è stata splendida, ma in quelle notti romane c’era magia per davvero. Il bus per lo stadio andava a 20 all’ora per la folla, non c’era ricognizione, ma noi uscivamo fuori per respirare quell’aria. Che fitta. Però, no: 1982, sta nel profondo, mi ha pure ribattezzato”. Si dice poi non stupito che il divorzio di Totti da Ilary Blasi sia diventata una telenovela: “Non mi stupisce, quell’uomo è una città, attira interesse e curiosità non domabili e più dettagli circolano più la gente ne vuole”. E sulla tentazione di lasciare Sky: “Mi hanno cercato — conclude — ma se stai bene in un posto non ha senso muoversi. Non ne ho mai fatto una questione di soldi”. Altro attacco non troppo velato a Mancini.

 

 

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