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Inter, Frattesi dodicesimo uomo in campo: un gol ogni 117 minuti

Claudio Savelli
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Nel calcio delle cinque sostituzioni, la distinzione tra riserve e titolari è ormai priva di senso. Tant’è che Marotta, deus ex machina dell’Inter che ha avviato il conto alla rovescia per lo scudetto (mancano 8 punti, ma ne bastano 6 nelle prossime due essendoci il derby), va ripetendo che esistono solo “titolari e co-titolari”. Tra questi “co”, il primo e più importante si è rivelato essere Davide Frattesi, a conferma della bontà del progetto estivo nerazzurro che lo vedeva come dodicesimo uomo o, per meglio dire, primo titolare aggiunto. Come tale, infatti, è stato pagato: 6 milioni per il prestito più 27 per il riscatto per un totale di 33 più ulteriori 5 di bonus e il 10% dell’eventuale futura rivendita. Chi ha gridato allo spreco, al «come puoi spendere una cifra così alta - la più alta degli ultimi tre mercati nerazzurri- per una riserva», oggi deve piegarsi all’evidenza dei fatti: Frattesi è l’uomo scudetto, se proprio deve essercene uno.

L’ex Sassuolo è l’uomo scudetto pur essendo partito titolare solo il 10% delle occasioni in serie A e avendo giocato solo il 22% dei minuti a disposizione. Per impiego non è nemmeno il 12esimo bensì il 15esimo, di fatto non la prima alternativa ma la quarta. Ma, segnando un gol ogni 177’ (sette reti tra campionato, Champions e Supercoppa in 1240’), più di Arnautovic e Sanchez, Frattesi ricorda che l’oscar è previsto anche per gli attori non protagonisti. È stato un investimento perfetto.


ALTA PRESSIONE
Era l’uomo di cui l’Inter, priva di giocatori dal guizzo istantaneo, dal pronto-ingresso con dribbling facile e creazione della superiorità numerica, aveva bisogno. Uno dall’innata ferocia agonistica, dallo spiccato senso del gol in situazioni di alta pressione e confusione, come i finali di gara in pieno recupero contro il Verona e contro l’Udinese. L’Inter regina dell’ordine tattico necessitava del principe del caos per completarsi. Grazie a Frattesi, due pareggi sono diventate due vittorie, quindi 4 punti in più rispetto alle attese. A questi va sommato il terzo indizio che costituisce una prova, un gol all’apparenza insignificante che invece ha cambiato la stagione: il 5-1 nel derby d’andata ha infatti consacrato la nuova Inter sul nascere e abbattuto moralmente i primi rivali.

 


Frattesi funziona così, a gettone, perché ha l’atteggiamento giusto. Si comporta da ultimo arrivato in una grande squadra: umile, disponibile alla gavetta, felice di far parte di un gruppo, consapevole del proprio ruolo e della qualità di chi ha davanti. Lo prendono per matto ogni volta che parla e spiega che lui è felicissimo così, che non ha fretta di diventare titolare, che «sarebbe stato stupido anche solo pensarlo». Quest’ultima frase racconta chi è Frattesi, ragazzo a modo, umile, che promette di portare nonna Stefania sul pullman, serissimo in campo ma capace di prendersi poco sul serio al di fuori. Uno spontaneo che parla come mangia e dice cose tipo «Quando sento i cori potrei riuscire a prendere i muri a capocciate: come fa a non essere carico con un tifo così?» e sui social posta contenuti spontanei, senza il filtro perbenista di molti colleghi, tra una foto alle mutande dopo il gol al Verona e un «vi amo» dedicato ai compagni di squadra e ai tifosi post-Udinese («Tu sei il mio idolo», la risposta di Asllani).
Frattesi è il Darmian della stagione 2020/21, è il Caicedo che aveva Inzaghi alla Lazio, è il Luis Muriel re dei gol da subentrante (27 su 143 ingressi dalla panchina, nessuno come lui in serie A, davanti a Matri e Pazzini). Come il colombiano all’Atalanta, ha accettato il ruolo di dodicesimo considerando che permette di essere lucido nei minuti finali, dove devi intuire lo spazio in cui correre, ad esempio sulle respinte di Montipò e di Okoye. Nell’anno povero di gol dalla panchina (Viola del Cagliari e Jovic del Milan ne hanno segnati quattro come il nerazzurro, ma uno in più decisivo), Frattesi ha ricordato l’importanza del 12esimo uomo: se non ce l’hai, godi solo a metà.

 

 

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