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Cesc Fabregas, azionista e mister: il tuttofare del Como sogna la Serie A

Renato Bazzini
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Difficile che al Como venga il braccino in vista del match point per la serie A di venerdì sera. Il Cosenza che nulla ha da chiedere al campionato si batte (altrimenti basta che il Venezia non sconfigga lo Spezia), se giochi in casa e hai uno come Cesc Fabregas in panchina.

Ogni tanto lo spagnolo si alza dietro al gigante Roberts, ma mai avanza fino alla linea di bordo campo perché... non può. Il regolamento prevede che un solo tesserato possa stare in piedi e fornire indicazioni e che questo debba essere dotato di patentino “Uefa pro”, se parliamo di professionisti.

L’ex campione del mondo e d’Europa e di tutto non ce l’ha ancora, ma lo avrà per la prossima stagione, dunque nell’eventuale serie A sarà lui a guidare il Como. Per ora deve frenare gli istinti da mister e, quando si alza per dare indicazioni, si risiede prima che arrivi il quarto uomo e imponga poi la multa al club nei referti. Anche perché la dovrebbe in qualche modo pagare Fabregas stesso, essendo azionista.

 

 

 

Già, la figura di Fabregas nel Como è inedita nel calcio. Una volta esisteva il player-manager, alla Vialli al Chelsea, ma fu un esperimento fallimentare: come può un giocatore essere anche colui che sceglie chi far giocare? Così si è arrivati all’owner-manager, ovvero un allenatore (in ombra, perché poi Fabregas in realtà allena e fai i discorsi negli spogliatoi) che possiede anche alcune quote nella società. Il filo conduttore tra i due esperimenti è Dennis Wise, ex compagno di squadra di Vialli al Chelsea e dal 2021 ceo del Como, dopo essere stato consulente esterno per conto della SENT Entertainment, la cordata che nel 2019 ha rilevato la società lariana. Wise era un centrocampista tosto, all’inglese vecchia maniera, prima di trasformarsi in un dirigente illuminato.

Nessuno aveva mai pensato ad un ingaggio in stile Fabregas al Como: convincere uno dei migliori giocatori del pianeta nello scorso ventennio a chiudere la carriera nella serie B italiana in un club reduce da innumerevoli crack societari, programmandogli un futuro come allenatore e chiedendogli in cambio di acquistare qualche azione del club. Quest’ultima è una mossa simbolica dal punto di vista finanziario perché non sposta nulla alla ricchissima proprietà dei fratelli indonesiani Hartono né tanto meno al ricco Cesc, ma lega quest’ultimo alla causa.

 

 

 

Wise ha pensato alle potenzialità di Como, prima che del Como. La città dimora dei personaggi dello spettacolo offre se stessa, allora perché non chiedere qualcosa in cambio? Ovvero soldi nel club con la promessa di portarlo in alto e di reinvestire nella città stessa attraverso il nuovo stadio e il nuovo centro sportivo, progetti finora accolti con positività dalla giunta comunale. Così anche altri personaggi del calcio si sono convinti a investire nel club. Tra questi Henry, ex compagno di Fabregas all’Arsenal, che nello studio televisivo a CBS ha sciorinato le vicende del Como per filo e per segno, dando evidenza di seguirne davvero le partite.

Il Como è così diventato un brand internazionale ancor prima di essere una squadra internazionale. Con il senno del poi diventa chiaro il progetto di Wise, che aveva esonerato Moreno Longo a novembre dopo una vittoria e con la squadra in zona playoff per promuovere Fabregas dall’Under 19 in deroga per un mese (poi è arrivata la copertura-Roberts). Fabregas che è pure protagonista di un documentario autoprodotto dal club, in uscita prossimamente. Altro strumento per diventare noti fuori dall’Italia. Per la bontà di questa strategia, oltre che per il calcio espresso, il Como merita la serie A.

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