Aveva sbagliato tutto due estati fa, non aveva sbagliato nulla la scorsa ed era atteso alla controprova: qual è il vero Aurelio De Laurentiis? La risposta, ad oggi, è la seguente: quello che domina il mercato. Quello che a Sky Sport dice con nonchalance che «sono state tutte trattative veloci» perché «quando vuoi davvero un giocatore, l'accordo si trova». Fa sembrare scontata la cosa più difficile del mercato perché 1) bisogna avere disponibilità economica; 2) bisogna avere il gradimento dei calciatori.
Il Napoli si è accorto di avere entrambe le cose, una rarità nel nostro calcio, e ha capito di non poter perdere l’occasione. In entrata De Laurentiis è una furia calma: i rinforzi arrivano uno dopo l’altro per permettere a Conte di allenarli in ritiro. E sono precisi, chirurgici rispetto al piano iniziale che prevedeva una mezzala, due ali, un centravanti, due centrali, un terzino e un secondo portiere. Eccoli: De Bruyne, Marianucci, Lang, Lucca, Beukema già ufficiali rigorosamente con il cinguettio presidenziale, ormai diventato mitologico a Napoli, Juanlu Sanchez e Milinkovic Savic nelle bozze e Ndoye come colpo finale.
PRESCELTI
Ecco quest’ultima è l’unica trattativa che potrebbe obbligare il Napoli a un piano B. Perché gli altri erano tutti i prescelti. Per condurre un mercato così rapido e lineare, apparentemente senza intoppi, bisogna avere grande comunione di intenti interna. Il Napoli ha evidentemente condiviso una strategia tecnica, operativa e finanziaria nei tempi corretti e poi si è messo a lavorare a testa bassa.
I rinforzi coprono le falle segnalate da Conte che, come De Laurentiis, sta lasciando lavorare il ds Manna senza interferire. Il presidente si è preso in carico una sola trattativa, la meno entusiasmante per i tifosi ma anche quella più importante per il mercato del Napoli: la cessione di Osimhen al Galatasaray (oggi visite mediche a Istanbul per il giocatore). E qui si è superato: ha ottenuto i 75 milioni della clausola, non uno di meno; ha concesso il pagamento in due rate (40 milioni subito e 35 tra un anno con le dovute garanzie bancarie) ma in cambio ha strappato 5 milioni aggiuntivi di bonus più il 10% della futura rivendita più la penale (pare di ben 30 milioni) su un’eventuale cessione del giocatore in Italia. Il tutto per un giocatore che ha fatto la differenza solo nell’anno dello scudetto di Spalletti, che da due anni è fuori dal progetto e che era già finito a giocare in Turchia, non in Premier dove magari avrebbe potuto ipervalutarsi. Questa cessione è un capolavoro e segue quella di Kvara che è stata dolorosa, sì, ma con il senno di poi è da rivalutare dato che il georgiano voleva andare via ben prima di gennaio.
Il presidente aveva sbagliato tutto quando si era messo in testa di poter fare tutto, inebriato dal suo primo scudetto. Ora stadi nuovo azzeccando ogni mossa, in particolare l’aver intuito che il Napoli doveva provare in questo momento a diventare un brand internazionale. De Laurentiis ha fiducia nelle persone in Conte e in Manna, riesce a coccolare l’uno e a valorizzare l’altro. Il passo indietro che sembra aver compiuto solo a livello comunicativo e invece è anche a livello gestionale è la chiave che permette al presidente di essere più lucido nelle decisioni finali. Quelle più importanti. De Laurentiis sapeva già fare azienda. Ormai sa farla anche nel calcio.