Cristian Pasquato oggi ha 36 anni e gioca nel Campodarsego, dopo l’esperienza lo scorso anno in C col Trento. Ma il filo che lo lega alla Juventus non si è mai davvero spezzato. Cresciuto nelle giovanili bianconere, etichettato fin da giovanissimo come il “nuovo Del Piero”, ha attraversato un’epoca di passaggio cruciale per il club, vivendo da vicino lo spogliatoio delle leggende e l’inizio dell’era Conte. Un bagaglio di esperienze che oggi rivive con lucidità, affetto e una punta di nostalgia.
L’ex talento bianconero ricorda ancora l’impatto emotivo dell’incontro con figure come Andrea Agnelli, capace di trasmettere carisma già solo con la sua presenza: “Agnelli dava tutto e dava tanto anche quando lo incontravi, ti dava quel senso di paura, di soggezione”. Lo stesso rispetto reverenziale lo provò davanti a Gigi Buffon, protagonista di un episodio rimasto scolpito nella memoria: “Una volta terminato l’allenamento dei portieri si avvicinò a me, voleva parlarmi, fu una bella conversazione”.
L’etichetta di “nuovo Del Piero” è stata una compagnia costante: “È una cosa che mi ha accompagnato per tutta la vita”, racconta, pur senza mai viverla come un peso insostenibile. Piuttosto, riconosce come certe aspettative abbiano influito più sugli occhi degli altri che sui suoi. Oggi osserva il calcio con distacco e maturità, senza rimpianti: è cambiato, si è evoluto, soprattutto nelle dinamiche legate ai giovani e alla Nazionale, dove — secondo lui — si guarda “solo ed esclusivamente al risultato e non alla crescita o alla costruzione di giocatori".
Parlando della Juventus, non risparmia una riflessione sul concetto di “progetto”, spesso abusato: “In Italia il progetto esiste solo esclusivamente se si vince”. Per lui, l’attuale situazione bianconera è coerente con il valore della rosa, lontana anni luce dalla squadra titanica che lo aveva accolto da ragazzo: Thuram, Cannavaro, Vieira, Emerson, Del Piero, Ibrahimovic. “Qui stiamo parlando di il calcio, di leggende”. E poi c’è Conte, l’uomo che più lo colpì: “Conte era un martello clamoroso”, capace di portare i giocatori “oltre qualsiasi difficoltà e limite fisico”. Una mentalità che, agli occhi di Pasquato, spiegava gran parte dei successi che sarebbero arrivati. Oggi vive una dimensione più serena, quasi intima: la Serie D, casa sua, un ambiente che gli permette di giocare con entusiasmo e senza pressioni. “È il mio paese, ci tengo maggiormente”, confessa. Il futuro dopo il calcio lo spaventa un po’, ma non vuole anticiparlo: “Vivere il presente è la cosa migliore, sempre”.