Strumentalizzare la tragedia

Strage a Crotone, la mistificazione dei partigiani di professione

Corrado Ocone

Di fronte alla tragedia avvenuta in mare davanti alle coste calabresi, che riempie tutti di commozione e cordoglio, non sono mancate le voci di chi ha strumentalizzato la vicenda per fini politici. Era da aspettarselo. Così come c’era da aspettarsi che anche l’Anpi passasse subito al macabro incasso, addebitando la tragedia non a chi traffica in esseri umani, e ha messo su nel Mediterraneo un mercato tanto proficuo quanto cinico, ma al governo che avrebbe emanato «direttive disumane sui soccorsi». 

Ora, che i soccorsi non siano mai mancati, nemmeno in questo caso, da parte della Guardia Costiera di un Paese, l’Italia, che fra l’altro è stata lasciata sola dall’Unione Europea a difendere le frontiere comuni, è un dato di fatto. L’altra sera, ad esempio, sono state solo le proibitive condizioni del tempo e del mare a far tornare indietro una motovedetta e un pattugliatore della Guardia di Finanza che avevano ricevuto l’allarme ed erano immediatamente usciti in mare. Una mistificazione in piena regola, dunque, quella dell’Anpi, un’associazione che dimostra ancora una volta di avere un solo scopo: perpetrare all’infinito quella “guerra civile” fra italiani che avrebbe dovuto avere termine con la nascita della Repubblica. 

 

Che non si possa essere “partigiani”, cioè di parte, a vita, soprattutto se ci si intesta la nascita della democrazia e una Costituzione che è di tutti gli italiani, dovrebbe essere chiaro a tutti. Così come dovrebbe esserlo il fatto che non si può essere partigiani per professione, come di fatto è chi, pur non avendo imbracciato le armi per ragioni anagrafiche, si autocertifica come tale tenendo in vita un’associazione che da un punto di vista logico non avrebbe più ragione di essere. Sarebbe opportuno che si ragionasse liberamente su queste contraddizioni, ma è molto difficile farlo: gli anatemi e le accuse di fascismo scattano quasi automaticamente se si osa toccare quelli che sono diventati negli anni veri e propri “sepolcri imbiancati”.