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Fisco, la sentenza della Cassazione ripristina i controlli fiscali anche dopo un versamento sul conto corrente

Giovanni Ruggiero
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La stretta del fisco sui contribuenti italiani si fa sempre più severa dopo una recente sentenza della Cassazione. Lo scorso 8 agosto i giudici hanno deciso che basterà un semplice versamento sul conto di un professionista o di un privato per permettere all'Agenzia delle entrate di avviare un accertamento su eventuali redditi non dichiarati. E a quel punto, come ricorda Italia oggi, tocca al contribuente dimostrare la propria innocenza e spiegare la provenienza lecita delle somme contestate. È un triste ritorno al passato per gli italiani che sin dal Dpr 600 del 1973 sapevano di dover dare conto al fisco dei propri movimenti bancari. Con gli anni le norme si sono fatte più severe, anzi con la Finanziaria del 2005 la platea sotto osservazione si era arricchita anche dei lavoratori autonomi. A fare chiarezza però è stata una sentenza della Corte costituzionale nel 2014, quando era stato dichiarato valido il metodo di controllo sui movimenti bancari solo per le imprese, escludendo quindi i lavoratori autonomi. In quella sentenza però i giudici avrebbero commesso una leggerezza, visto che avevano scritto nel dispositivo che è: "arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati a investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di reddito". Bene per i prelievi, ma i versamenti non erano stati contemplati e proprio su quelli la Cassazione ha trovato lo spazio per ripristinare il potere di controllo totale dell'Agenzia delle entrate sui conti correnti.

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