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Isis, il reality dell'orrore: in diretta tv l'incontro tra vittime e carnefici

Andrea Tempestini
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Un reality show in cui vengono messi faccia a faccia vittime e carnefici. Uno spettacolo televisivo dell'orrore tutto iracheno: in diretta ci va l'incontro tra i terroristi dell'Isis che hanno compiuto stragi a Baghdad e i parenti di chi è morto negli attacchi. Il reality si chiama Nella morsa della legge: ammanettati e affiancati da militari armati, i tagliagole vengono portati sui luoghi delle esplosioni che lo scorso mese hanno devastato la città. E in quei stessi luoghi, sotto l'occhio vigile delle telecamere, devono "Mostriamo tutto" - Per esempio, in una sequenza si vede un terrorista 21enne, Haider Ali Motar, lamentarsi e gemere mentre un uomo in sedia a rotelle, e altre persone, da dietro una recinzione di filo spinato, lo minacciano di farlo a pezzi. Chi ha ideato il macabro reality spiega che l'intento della trasmissione è scoraggiare i criminali e dimostrare come i responsabili di reati terroristici vengano catturati e assicurati alla giustizia. "Volevamo produrre un programma che offrisse prove chiare e conclusive - ha detto Ahmed Hassan - con storie complete da mostrare al pubblico iracheno. Attraverso i video di sorveglianza, si vede come l'imputato abbia parcheggiato la macchina, l'abbia fatta esplodere, come si svolge un assassinio. Mostriamo al nostro pubblico tutte le immagini, insieme a prove concrete, per non lasciare dubbi sul fatto che questa persona è un criminale e debba pagare per i suoi delitti". Le torture - Secondo quanto dichiara un ufficiale dell'intelligence irachena che ha visto il programma, "molti di questi terroristi vengono attanagliati da un rimorso enorme quando incontrano le vittime. Quando i telespettatori vedranno tutto ciò - ha aggiunto -, ci penseranno due vole prima di infrangere la legge". Tra le immagini del porgramma, anche quelle in cui vengono mostrate le confessioni dei prigionieri. Un sistema che è piaciuto il giusto agli attivisti per i diritti umani, che sostengono che le confessioni siano dovute a metodi coercitivi e torture. Donatella Rovera, di Amnesty International, spiega: "In Iraq è talmente viziato il sistema giudiziario e così regolarmente violati i diritti dei detenuti, soprattutto quelli accusati di terrorismo, ma non solo, che è praticamente impossibile credere che essi possano parlare liberamente. Negli ultimi mesi che ho trascorso in Iraq - ha sottolineato - quasi ogni famiglia che ho incontrato e che ha parenti in prigione ha lamentato di non poterli vedere, e lo stesso vale per gli avvocati".

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