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Lo scontro tra Robledo, Bruti Liberati e la Boccassini e la guerra nascosta dentro il Csm

Giulio Bucchi
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La battaglia campale all'interno della Procura di Milano, con lo scambio di accuse tra il procuratore aggiunto Alfredo Robledo e il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, è solo la punta dell'iceberg di quanto sta accadendo all'interno della magistratura italiana. Robledo lamenta favoritismi nell'assegnazione di processi-manifesto, dal Rubygate all'ultima inchiesta sull'Expo, che sono finiti indebitamente (è l'accusa) a Ilda Boccassini e Francesco Greco. Secondo Bruti, al contrario, sarebbe stato Robledo ad intralciare le inchieste, coordinando doppi pedinamenti ai sospettati. Un pasticciaccio finito davanti al Consiglio superiore della magistratura, mentre l'Anm ha parlato di "grave rischio di delegittimazione" e la stessa Procura milanese, per bocca di molti funzionari, teme una "normalizzazione" della propria attività. Perché in gioco è in realtà il "potere" in mano al pool coordinato da Bruti. E, come ha sottolineato sul Foglio il cronista giudiziario Franck Cimini, gli equilibri stessi nel Csm, cioè l'autogoverno delle toghe italiane.  Verso il voto - Da qui a luglio, infatti, i magistrati sono in campagna elettorale. Il 6 e 7 luglio si rinnoverà la composizione del loro massimo organo e la corrente di sinistra Magistratura democratica, di cui Bruti Liberati è uno storico esponente, potrebbe dopo molti anni non avere rappresentanti tra i 16 "togati". Le "primarie" per palazzo dei Marescialli, infatti, sono state vinte da Magistratura indipendente e il "peso politico" del Csm potrebbe essere clamorosamente girato verso l'ala moderata. Il massimo esponente di MI, Cosimo Ferri, è tra l'altro sottosegretario alla Giustizia del governo Renzi. E dentro MD molti sperano che il Parlamento, a trazione renziana, possa "riequilibrare" nominando elementi "laici" vicini alla sinistra. Giustizia e politica, l'intreccio continua.  

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