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Vaticano, Papa Francesco e lo scandalo di monsignor Galantino: cristiani trucidati? Lui pensa ai profughi

Andrea Tempestini
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Monsignor Nunzio Galantino, parroco di Cerignola arrivato alla Cei, è il prototipo del vescovo più papista del Papa: se Francesco sostiene che bisogna accogliere i migranti, lui afferma che occorre spalancare le porte; se Bergoglio predica la retorica dell'integrazione, lui subito prende iniziativa e fa in modo che quei profughi, da noi, ci arrivino davvero e ci restino pure. Naturalmente questa sua attenzione terzomondista si acuisce in occasione di appuntamenti speciali, come la Giornata mondiale - di cui veramente non sentivamo bisogno - del migrante e del rifugiato, in programma il prossimo 14 gennaio, all'insegna di quattro imperativi “Accogliere, Proteggere, Promuovere, Integrare”. Nel presentare le iniziative della Chiesa previste quel giorno, il segretario della Cei (ormai acronimo di Comunità degli Emigrati in Italia), non si è lasciato sfuggire l'opportunità di pronunciare un sermone a favore del Buon Profugo, e contro coloro che vorrebbero sfruttarlo, cacciarlo o screditarlo. Leggi anche: Riscaldamento globale, il Papa cancella la scienza «L'immigrazione rischia di essere ridotta a merce elettorale e affrontata in un clima da stadio», ha tuonato. Ora, detto da uno che dell'immigrazione ha fatto la principale merce retorica, suona un tantino paradossale. Perché, da quando c'è Bergoglio sul soglio pontificio e Galantino alla guida della Cei, l'immigrazione è diventata l'oggetto per eccellenza del messaggio e della missione pontificali, il più ricorrente argomento di omelie e dichiarazioni pubbliche, nonché il più urgente problema della Chiesa e della comunità cattolica tutta. E questo è abbastanza interessante perché, se i migranti sono materia della narrazione bergogliana e galantiniana, non possono essere certo i destinatari dei loro pronunciamenti evangelici. In quanto appartengono, per lo più, a una comunità religiosa diversa, vengono da un altro mondo e credono in un altro Dio. Così il messaggio di Galantino e Francesco si rivolge bizzarramente ai lontani e non ai vicini, è mirato ai non cristiani, senza nessuna pretesa di fare breccia su di loro (lo scopo dei loro discorsi non è infatti convertirli). Coloro che invece dovrebbero essere i principali beneficiari delle parole delle massime autorità ecclesiastiche vengono trascurati, considerati fedeli di serie B. Il Migrante batte il Credente due a zero, con gol di Bergoglio e Galantino. Sarebbe rivoluzionario e insieme conservatore allora se le quattro parole d'ordine di questa Giornata del profugo fossero indirizzate non più ai migranti che dicono di essere perseguitati, ma ai cristiani che perseguitati lo sono davvero. Ci piacerebbe vedere la parola “accogliere” destinata a quei cristiani d'Africa o del Medio Oriente che fuggono da Paesi dove sono discriminati per la fede che professano. Il verbo “proteggere” dovrebbe attingere poi al quadro allarmante dell'ultimo Rapporto ecumenico sulla libertà di religione dei cristiani nel mondo stilato dalla Conferenza episcopale e dalla Chiesa evangelica di Germania. Qua emerge chiaramente come oggetto di persecuzione non sono solo i nati cristiani (ben 215 milioni, ossia uno su dieci, sono i fedeli di Cristo vittime di soprusi nel mondo), ma anche coloro che cristiani lo sono diventati da poco: in Paesi islamici come Afghanistan, Iran, Sudan, Arabia Saudita il cambio di religione è punito con la morte, in altri, come Pakistan, Yemen, Indonesia, convertirsi al cristianesimo è ritenuto blasfemo, altri ancora, come Marocco o Bangladesh, sanzionano la propaganda di altre religioni. Dicasi lo stesso della parola “promuovere”: compito del Papa e di un segretario della Cei, soprattutto in tempi di dilagante scristianizzazione, dovrebbe essere quello di promuovere il cristianesimo, ossia di fare nuova evangelizzazione, non solo alle periferie del mondo ma nello stesso cuore d'Europa; non di incentivare culture e religioni alternative, se non ostili, al cristianesimo; di parlare sì ai migranti, ma per insegnare loro la parola di Cristo. E da ultimo: “integrare”. Sì, oggi i cristiani vanno integrati, messi in condizione di operare sia nella nostra società a-credente che nelle realtà culturali a loro avverse, dove rappresentano una minoranza non da assimilare o convertire forzatamente ma da difendere nella loro identità e libertà di credo. Meriterebbero dunque una giornata mondiale i cristiani perseguitati, e non perché anche Cristo era un profugo, come ha detto il Papa, ma anche perché sono loro i veri clandestini del nostro tempo, i più deboli cui restituire diritto di cittadinanza e diritto alla preghiera in quel Dio chiamato Gesù. di Gianluca Veneziani

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