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Pansa: quello che so su Alfio Marchini, su di lui pesa una grande incognita

Alessandra Menzani
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Prima di tutto, il Bestiario deve rendere onore al soldato Guido Bertolaso. Dopo un lungo percorso dentro la giungla della grande burocrazia pubblica, una foresta piena di tigri e sciacalli, ma anche di scimmie ridanciane, si era ritirato in Africa a fare il medico. Silvio Berlusconi, alla ricerca disperata di un candidato per le elezioni di Roma, gli aveva chiesto di ritornare in Italia per sobbarcarsi questo nuovo impegno. Lo sventurato poteva di dire no, senza correre il rischio di essere deportato in un gulag per riottosi, allestito accanto al villone di Arcore. Ma Bertolaso ha riposto sì, credo per lealtà nei confronti di un leader politico con il quale aveva lavorato da capo della Protezione civile. Confesso di non essermi stupito. Appartengo a una generazione allevata sotto il segno di alcuni principi fondamentali, oggi diventati carta straccia. Uno di questi veniva definito, pensate un po', il senso del dovere. Nell' Italia di un tempo c' era gente che moriva per non tradirlo. Bertolaso si è comportato nello stesso modo. Per fortuna sua e dei famigliari, non ha tirato le cuoia. Ma ha incontrato una sorte che, nella società dell' immagine, può anche essere peggiore. Il Cavaliere, un super cinico come tutti i capi partito, dopo averlo arruolato se ne è disfatto quasi subito. Bertolaso poteva reagire in malo modo, però si è comportato da signore. Dunque, onore a lui. Il Bestiario, per quel pochissimo che conta, gli offre il saluto delle armi. Messo da parte quel candidato, Berlusconi ne ha scelto un altro: Alfio Marchini. Tutti i lettori di Libero ne conoscono la storia e la figura, grazie al ritratto che anche noi ne abbiamo tracciato. Ma alle tante parole scritte in questi giorni, voglio aggiungere la mia impressione personale. Non lo avevo mai incontrato, però mi era capitato di parlare di lui in un Bestiario e in qualche intervista. Dicendo che mi sembrava l' uomo giusto per la battaglia di Roma. E che l' avrei votato volentieri, se fossi un elettore della capitale, una megalopoli sfasciata da dove sono fuggito in tempo, dopo esserci vissuto per un quarto di secolo. IL GESTO INATTESO A quel punto, Marchini mi ha telefonato per ringraziarmi, un fatto che con i politici di prima fila non succede mai, proprio mai. Sul loro conto puoi scrivere di tutto. Dicendo che sono degni di un Premio Nobel oppure briganti di strada pronti ad ammazzare il primo bambino che passa. È un comportamento che non mi meraviglia più. Lo considero uno dei sintomi espliciti di una tragedia che ci riguarda tutti. La Casta odierna è diventata di pietra. Abbiamo di fronte esseri umani ormai incapaci di qualsiasi reazione. Non hanno più nervi, cuore, carattere. Forse è vero che sono diventati altrettanti robot, purtroppo senza nessuno che li guidi. Marchini non è così. Infatti un giorno l' ho visto arrivare nella nostra casa, in un piccolo paese lontano da Roma. In quel momento non era ancora il candidato del Cavaliere, ma soltanto di se stesso e della lista civica che intendeva partecipare alla battaglia per il Campidoglio. Abbiamo parlato a lungo e ne ho ricavato un' impressione che non mi aspettavo. L' ingegner Alfio era, anzi è, animato da un forte entusiasmo pulito. Vede la propria città immersa dentro un gigantesco dopoguerra. Distrutta non dalle bombe di una potenza militare avversaria. Bensì dall' incuria di milioni di romani. E si è dato la missione di salvarla e rimetterla all' onor del mondo. Anche la parola "missione" è desueta, fuori moda. Ma non per Marchini, credo. È un signore ricco, dunque non avrà bisogno di mazzette o di finanziamenti illeciti. È ancora giovane, ha compiuto da poco i cinquantuno anni, è un tipo di bella presenza, con una famiglia che immagino lo renda felice. Nessun medico gli ha ordinato di fare il sindaco di Roma. Ma credo che disponga di una squadra di amici intelligenti e pratici, il contrario dei sognatori. DOPO LA VITTORIA Tuttavia anche Marchini ha un problema gigantesco. Non è quello di vincere e sedersi in Campidoglio. Qui siamo nelle sabbie mobili dell' incognito, dal momento che nessuna grande coalizione di sondaggisti sarebbe in grado di prevedere come finirà la guerra elettorale di Roma. Il vero problema di Marchini si presenterà dopo una possibile vittoria. È sarà il suo rapporto con un altro signore che siede nel posto più importante della capitale: Palazzo Chigi. Sto parlando del premier Matteo Renzi. Qualche lettore del Bestiario sbufferà, domandandosi: ancora lui, sempre lui, eternamente lui? Certo, chi altri se non Lui, con l' iniziale maiuscola, come si addice a un capo che non vuole soltanto governare, ma comandare. E sta accumulando quote sempre più forti di potere. Come accade soltanto nelle repubbliche presidenziali. Parlo di quelle ferree, non ancora totalitarie, ma pronte a diventarlo. A giudizio del Bestiario, Renzi sta marciando verso questo traguardo, a grandi passi e con gli scarponi chiodati. Ha deciso di mettere le mani su tutto quello che vede attorno a sé. Posso sbagliarmi, ma il motivo è che avverte di essere in difficoltà. Due anni di governo gli hanno rivelato una verità che non si aspettava di incontrare. E la verità è la seguente. La rottamazione si sta rivelando uno slogan sempre più debole. Possono essere rottamati i tantissimi migranti che sbarcano di continuo in Italia? Può essere rottamata la rabbia giovanile che sta affiorando? I probabili atti di terrorismo decisi dalle cellule del Califfato nero? I tanti episodi di corruzione che rischiano di travolgere la struttura periferica del partito guidato da lui? Le difficoltà di uscire per davvero dalla crisi economica globale, un' impresa molto difficile per un paese fragile come il nostro? LA GRANDE SFIDA Gli avvisi di burrasca non stanno ancora affissi nella bacheca di Palazzo Chigi, ma non tarderanno molto ad apparire. E Renzi si sta blindando. Come? Affidando al proprio cerchio magico quote di potere sempre più importanti. E mettendo le mani sui media, su quelli pubblici come la Rai e su quelli privati, a cominciare da Mediaset. Per restare nel campo della carta stampata, è facile prevedere che gli editori verranno messi sotto pressione. I giornali ritenuti antirenziani non avranno più vita facile. E verranno sterilizzati. Si comincia ad avvertire un ventaccio di normalizzazione. Investe anche Berlusconi, sempre più attratto dai propri interessi aziendali, come gli suggeriscono non soltanto i figli Marina e Pier Silvio, ma due consiglieri decisivi per il Cavaliere: Fedele Confalonieri e Gianni Letta. Nell' ipotesi che diventi il sindaco di Roma, come si comporterà Marchini davanti a questo grumo di poteri renzisti? Oggi è impossibile prevederlo. Ma se non vuole ridursi a riparare le buche delle strade, a raccogliere i rifiuti e a dare la caccia ai topi, deve fare del Campidoglio un soggetto politico in grado di parlare all' Italia. Il ruolo di una capitale prevede anche questo. Dunque su di lui grava un' incognita forte, proprio per il suo profilo, il suo entusiasmo pulito, il suo desiderio di non apparire una meteora destinata a spegnersi presto. Marchini ha i numeri per riuscire a essere un protagonista della politica italiana? Gli auguro di sì. In caso contrario il suo slogan sul civismo operoso, innestato sull' estremismo del buonsenso, come usa dire, si rivelerà soltanto uno specchietto per le allodole. Giampaolo Pansa

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