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Sexgate Mantova, spuntano i messaggi hot del sindaco Pd: "Sei una birichina e staresti bene sculacciata""

Benedetta Vitetta
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Sexgate di Mantova. A cadere per primo, manco a dirlo, è il sindaco Pd, Mattia Palazzi, molto legato a Renzi. E ora il primo cittadino è indagato per tentata concussione continuata. Sul tavolo, racconta un dettagliato articolo de Il Fatto, i favori sessuali chiesti senza pudore per sbloccare fondi pubblici. Il sindaco finisce nel tritacarne mercoledì 22 novembre, quando i carabinieri perquisiscono casa e ufficio. La notizia viene data dalla Gazzetta di Mantova il 24. Da lì in avanti, il sindaco tenta di arginare lo scandalo: finisce in Procura interrogato per oltre quattro ore, poi va in consiglio comunale e non si dimette. "Al quadro, però" spiega Il Fatto, "manca il contenuto che la Procura custodisce gelosamente. Si tratta di un esposto di 15 pagine che arriva ai carabinieri di via Chiassi il 4 novembre scorso, ovvero 20 giorni prima delle perquisizioni. È la carta fondamentale che fa scattare le indagini lampo. Qui è già tutto scritto: la storia e i messaggi. A firmarlo, Giuliano Longfils, consigliere comunale di Forza Italia, già assessore e in consiglio comunale da oltre vent'anni. Massone dichiarato ed ex professore di inglese, Longfils nella prima pagina spiega di essere stato contattato pochi giorni prima da Cinzia Goldoni, ovvero la presidente dell'associazione "Mantua me genuit". È lei che per la prima volta mostra gli screenshot delle chat bollenti tra il sindaco Palazzi e la vicepresidente della medesima associazione. Sono i messaggi dello scandalo che contengono anche i nomi di altri due assessori, del capo di gabinetto, del direttore generale di un' importante fondazione e di un ex dirigente di Tea energia, la partecipata del Comune. Insomma, il quadro che emerge fin dall'esposto non si focalizza solamente sulla figura di Palazzi, che finisce nei guai per questo messaggio: "Sai che un'associazione a volte non va avanti senza il mio consenso! Cerca di attenerti alle regole". La frase però ha un prologo, spiega l'articolo del Fatto, finora rimasto tra gli omissis. Scrive Palazzi: "Domani sera non mi dirai di no, troppe volte me lo hai detto". Ecco poi i passaggi del 25 agosto. Scrive sempre il sindaco. "Credo che tu stia proprio bene messa a 90 da me dopo il tuo messaggio di ieri! Allora qualcuno ti s...? Chi è?". Nel passaggio successivo vengono citati i nomi di altri politici e dirigenti pubblici che il sindaco mette in relazione con la donna. Poi Palazzi prosegue: "Ti insegnerei un po' di cose, sei una birichina e staresti bene sculacciata!". Secca la risposta della donna: "Ho dovuto contare fino a duemila per non risponderti male, ma credo che se un sindaco, un politico, un uomo fidanzato non sappia scindere il lavoro dal privato, allora nella vita vivrà davvero male. Io sai che so stare al gioco, rido e scherzo, ma come tu ben sai, io non so stare a determinate regole. Vedi che ho rinunciato a una carica in Tea perché poi sarei stata la sua bambolina". Insomma, la storia della vittima e il carnefice. Anche se in questa Mantova "amorale", non tutti credono alla versione della vicepresidente che, tra l'altro, non denuncia Palazzi in prima persona, ma si limita soltanto a girare quelle chat alla presidente dell'associazione. E la vittima fa anche di più: quando scoppia lo scandalo, difende pubblicamente il primo cittadino. Nel frattempo, messaggini hot a parte, i magistrati hanno allargate le indagini: infatti, il sexgate ha scoperchiato il vaso, mostrando ai magistrati un vero e proprio sistema di spartizione di denaro pubblico. Questo è il filone su cui attualmente si sta lavorando. Nel mirino i fondi per la cultura: quelli del 2016 (circa 2 milioni di euro) e quelli del 2017. Decine di determine dirigenziali e un fiume di denaro, in certi casi concesso in maniera illegittima. 

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