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Legge elettorale, Sartori demolisce Renzi e D'Alimonte sulle tre proposte

Sul Corsera il politologo stuzzica il segretario "Gian Burrasca" e il suo (para)guru: "Ecco perché le loro idee non produrranno buoni governi"

Giulio Bucchi
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Il saggio Sartori contro "Gian Burrasca Renzi" e il suo para-guru Roberto D'Alimonte. Il più celebre dei costituzionalisti italiani, Giovanni Sartori, lancia dalla prima pagina del Corriere della Sera un affondo pieno di velenosa ironia alle velleità riformatrici del "vivacissimo" Matteo Renzi, che incontrando Silvio Berlusconi vuole chiudere sulla legge elettorale modello spagnolo. "La sua originalità - attacca Sartori - è di proporre ben tre sistemi elettorali (l'uomo è generoso) che hanno un solo inconveniente: di essere tutti e tre sbagliati". Il guaio, scrive il saggio, è che il sindaco di Firenze "ha la parlantina troppo facile per dargli il tempo di leggere e informarsi". Per di più, si affida alla persona sbagliata: "Si è scelto un guru, Roberto D'Alimonte, che è guru perché vuole essere primo e anche solo, tra tutti i politologi italiani. Beninteso, lui è il più bravo. Sarà, ma forse non sarà".  Modello spagnolo e rischio stallo - Chiuse le beghe da studio e le scaramuccio dottorali, Sartori si butta a capofitto nella sua opera distruttiva. Sottotitolo: come ti demolisco le tre proposte di Matteo. Si parte dal sistema spagnolo, quello su cui potrebbero trovare un accordo Renzi e Berlusconi. "Piccole circoscrizioni che eleggono 5-6 rappresentanti il che implica di fatto un'alta soglia di sbarramento". In aggiunta ci sarebbe "un premio di maggioranza che gli spagnoli non hanno e che insospettisce perché il troppo è troppo". Al netto di possibili vizi costituzionali (un po' com'è accaduto col Porcellum), a far storcere il naso a Sartori è l'impostazione bipartitica. In Spagna quel bipartitismo c'era già, ricorda il professore, figlio della sanguinosa contrapposizione franchista e post-franchista tra comunisti e anticomunisti. "Pertanto non è vero che il sistema spagnolo importato in Italia produrrebbe un sistema bipartitico. Se il Grillismo reggerà, i partiti dominanti risulterebbero tre e così saremo in uno stallo".  Il Mattarellum corretto - La seconda scelta (un po' per tutti) è il Mattarellum, proporzionale puro, corretto con un premio di maggioranza. Il rischio, sottolinea ancora Sartori, è alto: "Oramai abbiamo raggiunto un livello di frammentazione partitica che forse potrebbe non fare scattare nessun premio". Risultato: un obbligo di grande coalizione, visto il prevedibile rifiuto del Movimento 5 Stelle (ipotetico secondo o terzo partito) a governare con chichessia. A quel punto potrebbero non bastare a Pd o Forza Italia le alleanze più o meno allargate con Sel, Alfano o montiani e casiniani. Risultato: Pd e Forza Italia costretti a stare ancora una volta insieme.  "Sì al doppio turno, ma..." - La terza proposta è quella che convince di più Sartori, sia pure con molti dubbi. E' il "doppio turno di collegio", denominazione coniata da D'Alimonte che "fa confusione e confonde anche me" (e via con un'altra stilettata al collega). "Il doppio turno - mette in guardia la penna del Corriere della Sera - funziona a dovere solo se non consente coalizioni, solo se al primo turno ogni partito si deve presentare da solo. Detto per inciso questo è anche l'unico sistema che consente preferenze genuine degli elettori e che allo stesso tempo assicura in ogni caso governabilità". Renzi però pare non sentirci. La sua ambizione, e quella del premier Enrico Letta, è di fare una legge elettorale che piace a tutti, ma "questa è demagogia", attacca Sartori. "E' un buon sistema elettorale quello che riduce i piccoli partiti e che ovviamente i piccoli partiti avversano fino all'effusione del sangue". In sostanza, o con la riforma elettorale del doppio turno si arriva anche ad un semi-presidenzialismo alla francese oppure servirà a poco. E in ogni caso, una legge elettorale può produrre governi, ma non necessariamente buoni governi. E ogni riferimento a Renzi e Pd non è casuale.

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