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Gian Marco Chiocci: Cesare Battisti? Siamo stufi persino di vergognarci

Eliana Giusto
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"C'è un che di beffardo e di drammatico in quell'immagine del terrorista Cesare Battisti che, rilasciato dopo il suo ultimo arresto al confine con la Bolivia, brinda alla sua libertà in favore di fotografi. Lo scatto coincide con la nostra umiliazione, che è poi quella di un Paese costantemente costretto a fare i conti con la propria dignità di nazione sgambettata dal proprio ruolo nel mondo e poi inesorabilmente presa in giro e calpestata". Il direttore del Tempo Gian Marco Chiocci nel suo editoriale parla del "logorante" caso di Battisti, il "sanguinario killer rosso dei Pac", del "conto aperto del nostro Paese con una delle pagine più buie della sua storia recente, quella degli anni di piombo. Numerosi fantasmi ancora aleggiano attorno alla morte di tanti e l'impunità di troppi", scrive. "E dunque non c'è alternativa al chiuderlo, questo conto". Ma come? In attesa che il successore di Lula decida cosa fare in merito all'estradizione di Battisti, "dobbiamo accontentarci" dell'obbligo di firma. Certo, conclude Chiocci, "tutto sarebbe più facile se fossimo Israele col favore di popolo a mandar giù il Mossad per spegnere quel sorriso beffardo. Ma siamo l'Italia, e non possiamo, non vogliamo, non sappiamo alzare la voce. Ci siamo stancati anche di provare vergogna. Non ci resta altro che augurare a Battisti tutto il male possibile".

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