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Fabrizio Frizzi, un grande professionista che la Rai metteva sempre in discussione. Ma lui vinceva con gli ascolti

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Alessandra Menzani
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La risata era la firma. La sua risata era un gentile rombo di tuono. Quel che colpiva di Fabrizio Frizzi, spentosi a a sessant' anni lasciando una figlia piccola per la quale stava lottando «come un leone, pur di vederla crescere» e la giovane moglie Carlotta Mantovan, non era la sua pur ingombrante presenza. E parliamo di un metro e ottantasette di pura modestia, distribuito su un fisico da ciondolante eroe dickensiano - o da zio gentile dei film di Frank Capra -; una possanza che, nei programmi d' esordio della Tv dei ragazzi Rai negli anni 80 (Tandem, Il barattolo), lo rendeva, agli occhi di noi telespettatori ragazzini, una specie di gigante. No non era il fisico. Quel che colpiva di Frizzi era la risata. L' IDOLO CORRADO - Pastosa, irruenta, sincera: se la batteva solo con quella di Paolo Limiti (che però aveva un retrogusto di cianuro). La risata e la voce. Una voce garbata modellata su quella del suo idolo Corrado Mantoni; era un sussulto baritonale che gli aveva consentito di darsi al doppiaggio (fu il Woody il cow boy ovviamente gentile di Toy Story) e alla recitazione nelle ficion a base di spremute di cuore di Raiuno.  Frizzi era un talento zen, non s' incazzava mai. E talora ne avrebbe avuto ben donde. Nel 2000, per esempio, l' allora direttore generale Rai Pier Luigi Celli annunciò di vergognarsi del programma Per tutta la vita di Frizzi e Romina Power, show abbastanza vaporoso in cui due coppie di promessi sposi si sfidavano per vincere viaggi ai Caraibi. Di tutta risposta Fabrizio, si chiuse in un rispettoso silenzio e, nello stesso anno, di nascosto, donò il midollo osseo a Valeria Favorito, una ragazza di Erice, salvandole la vita: «All' epoca il mio midollo risultò compatibile con quello di una bimba le cui condizioni erano preoccupanti. Sei anni dopo, la più bella sorpresa della mia vita. Ero ancora al timone della partita del cuore, stava finendo la diretta e già scorrevano i titoli di coda, quando una ragazzina mi corse incontro per abbracciarmi. Capii subito che si trattava di Valeria, la bimba alla quale avevo donato il midollo e che era venuta a salutarmi dicendomi di essere la mia sorellina». Per dire. Quello fu l' unico periodo della sua vita in cui «si ruppe la complicità» con viale Mazzini. Nel '92 fu tentato di passare a Mediaset dalla sirene berlusconiane, come fece l' allora consorte Rita Dalla Chiesa. Ma Frizzi si riempì le orecchie, omericamente, della cera dell' orgoglio della tv di Stato. Era talmente limpido, grato e accomodante da essere visceralmente legato a quella Rai che, chez Michele Guardì, ne aveva illuminato la stella. Per approfondire leggi anche: Fabrizio Frizzi, quando la Rai lo umiliò Anche quando, ad anni alterni, gli stessi dirigenti Rai lo trattavano come una colf filippina senza permesso di soggiorno. Eppure Frizzi è stato, con Pippo Baudo, il conduttore record delle presenze in video. Lo scritturavano come i vecchi e collaudati capocomici dell' avanspettacolo per sperimentare format nuovi, soprattutto nelle mattine, nei preserali e nei sabati sera. E Fabrizio, che si chiamassero Europa Europa, Scommettiamo che, Miss Italia, Cominciamo bene, I Fatti vostri, Luna Park (i suoi colloqui con la Zingara diedero la stura a esilaranti parodie) prendeva quei programmi sottobraccio e li accompagnava, insorabilmente, alla scala dell' audience. Arrivò a toccare, col disincanto dei poeti e dei puri, punte di 10/12 milioni di spettatori. Poi, i dirigenti di nuova turnazione appena insediati lo rimettevano di nuovo in un cantuccio relegandolo «ad una perenne ansia di conferma. Quando sei in disgrazia le giornate ti sembrano interminabili, il nostro è un lavoro precario...», sospirava. Sicchè Frizzi, senatore del video, era costretto sempre a ricominciare da capo. Nel 2007 tornò imbattibile («Mi hanno ridato i gradi», sorrideva) con I soliti ignoti, il giochino delle identità nascoste che si dipanava sul suo faccione e sulle note dei telefilm di Ellery Queen. Fabrizio usò I soliti ignoti per riverniciare l' access time di un canale decrepito, Raiuno, con pennellate deliziosamente pop. Era merito suo se più guardavi il programma e più ti avvolgeva. Mentre il concorrente si intorcinava in ragionamenti estenuanti sul perchè chi gli stava davanti deveva essere, per forza, un collaudatore di mute antisqualo o un apicultire o un meccanico frigorista, tu t' appassionavi, osservavi bene la fisiognomica, esaminavi gli indizi, e alla fine scuotevi la testa assieme a quella di Frizzolone in primo piano. E la telecamera ti inghiottiva in quelle inquadrature, lente, infinite fino al disvelamento finale. Un incantamento che riesce solo a chi possiede un' innaturale empatia col proprio pubblico. Il mantra di Frizzi era lo stesso dei grandi maestri alla Luciano Rispoli: «Sono della scuola che se entri in casa d' altri lo devi fare in punta di piedi...». STOP AI PROGRAMMI - È stato coerente fino all' ultimo alla sua idea di televisione di servizio, pure essendo un mostro dell' intrattenimento. Frizzi era talmenta amato che tutta la televisione, alla notizia della sua morte s' è listta a lutto. L' Eredità, il suo ultimo programma non è andato in onda, così come I fatti vostri e Detto fatto, che hanno lasciato spazio agli approfondimenti sul conduttore. Anche Mediaset ha onorato l' affezionato avversario (fu uno dei pochi a battere sistemticamente Striscia la notizia): De Filippi e Bonolis hanno sospeso le loro trasmissioni. Soltanto il tuono della risata di Frizzolone rimbomba di nostalgia in questa giornata atona e grigia... di Francesco Specchia

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