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Pantani morto a pugni chiusi: da chi si difendeva?

Nicoletta Orlandi Posti
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Sono due le strade che corrono parallele e si intrecciano intorno al caso Marco Pantani. Perché oltre a capire cosa sia realmente successo al Pirata il 14 febbraio 2004, il giorno della sua morte, l'attenzione adesso si è spostata anche su come sia stata effettuata l'indagine, a partire dal momento del ritrovamento del corpo, degli accertamenti medico-legali, del sopralluogo (nessuno ha mai preso le impronte digitali) e degli elementi che hanno indotto a stabilire 10 anni fa che si trattava di suicidio. Quegli stessi elementi che oggi - insieme a molti altri raccolti dall'avvocato Antonio De Rensis e dalla tenacia della famiglia del ciclista - sembrano raccontare una verità diversa, un omicidio: tanto da convincere il pm di Rimini Paolo Giovagnoli a riaprire il caso. Due giorni fa un nuovo colpo di scena. Un testimone sentito in procura racconta che «appena entrato nell'appartamento occupato da Pantani c'era il lavandino al centro della stanza... Una cosa incredibile, poi ho visto tutto il resto e il povero Marco...». Quel lavandino però, appare di nuovo in bagno, con tanto di saponetta sopra, come testimonia il video degli inquirenti: come e perché? Forse perché nel «disordine ordinato» (come lo ha definito il professor Avato nell'esposto che ha permesso di riaprire l'indagine) in cui si trovava la stanza D5 del Residence “Le Rose”, sarebbe stato in qualche modo “troppo” fuori posto? O forse il testimone ha mentito (e allora andrebbe indagato)? E perché nel discusso video “ufficiale” (le immagini durano 51 minuti, ma il lasso di tempo coperto è di circa 3 ore) che riprende la stanza D5, non viene mai inquadrato il pavimento del bagno? Forse nelle parti mancanti del filmato c'era il lavandino a terra ed era poi stato ripreso qualcuno a risistemarlo (dunque alterando la scena)? Certo, risulta difficile capire come possa il Pirata aver devastato la stanza senza far rumore e senza romprere lo specchio (trovato intatto sul pavimento), senza far cadere le posate (buttate a terra nel sopralluogo e non raccolte, diventando parte della scena) e come abbia potuto smontare un lavandino senza attrezzi e senza ferirsi le mani, risultate intatte. Quelle stesse mani che - altro particolare anomalo e mai rivelato - Marco stringeva davanti a sé da cadavere, le braccia ad angolo retto, a guardia alzata come un pugile, come quelle di qualcuno che sta tentanto di difendersi da un'aggressione. Ricordate le due richieste d'aiuto (alla fine ignorate) alla reception, «Ci sono persone che mi stanno dando fastidio»? Quando è stato trovato il corpo, in un piccolo spazio tra letto e parete, a pancia in giù, le braccia erano sotto il petto, i pugni chiusi: decisamente né la posizione né la gestualità involontaria di uno che cade faccia a terra (rischiando di rompersi come minimo il naso, trovato praticamente intatto), neanche se si sta sentendo male. Il sospetto è che Marco sia morto a pancia in su, agonizzante con le braccia e i pugni in posizione di difesa, poi rimaste rigide a 90 gradi per il rigor mortis una volta che il cadavere è stato (si ipotizza) spostato e girato (c'è il giallo della fibbia della cintura che da un lato sarebbe stata messa ad asola proprio per permettere la presa sul corpo). E mentre il Rolex a carica automatica (cioè grazie al movimento del braccio) è stato trovato fermo alle 4.55 (ma Marco secondo la versione ufficiale del prof. Fortuni è morto fra le 11.30 e le 12.30), c'è attesa per lunedì, quando gli esperti nominati dall'avvocato De Rensis sveleranno i risultati della perizia sul filmato. Perché l'anomala durata pone grossi interrogativi: il video è stato tagliato? O la telecamera è stata spenta più volte? Anche in questo caso, saranno necessarie convincenti giustificazioni da parte degli inquirenti. di Tommaso Lorenzini

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