L'editoriale
di Franco Bechis
Ai politici italiani piace farsi pagare la casa da altri. Claudio Scajola è finito nei guai per 900 mila euro offerti da Diego Anemone per l'acquisto della sua casa. E si è dovuto dimettere. Ma il vezzo è assai comune a Palazzo. Come lui ben 200 parlamentari si fanno pagare casa grazie a un assegno non dovuto: 48 mila euro all'anno ciascuno per un totale di 9,6 milioni di euro. In una legislatura sono 240 mila euro a testa, 48 milioni in tutto. Sono i 200 parlamentari che prima di essere eletti erano già residenti nella capitale, dove avevano casa e famiglia. E che non avendo alcuna spesa in più per vivere nella città eterna si prendono zitti zitti ogni mese 4.003,11 euro a titolo di “rimborso spese per il soggiorno a Roma”. Un assegno extra non tassato. Come Scajola. Solo che in questo caso non è Anemone a offrire. Ma i contribuenti italiani. Qualche esempio illustre? Francesco Rutelli è romano de Roma. Lì è nato. Figlio di un architetto romano. Bisnipote di un famoso scultore romano. Nella capitale è cresciuto. Lì ha la residenza. Lì si è fatto casa. Ha guidato la città come sindaco. Parla romanesco. Si è sposato una romana. Nel 1983 Rutelli è entrato in Parlamento. Ne è entrato e ne è uscito, ma dentro Montecitorio pur con un numero non brillantissimo di presenze effettive c'è stato già 18 anni. E ogni mese si è visto accreditare sul conto corrente un assegno da 4.003,11 euro. Causale: “rimborso delle spese di soggiorno a Roma”. Spese di soggiorno? Ma Rutelli non ha dovuto spendere un centesimo in più per vivere a Roma: era romano, aveva casa a Roma, apparteneva a una famiglia romana da sempre. E per rimborsare una spesa che non ha mai avuto la Camera gli ha corrisposto in questi anni la bellezza di 864.670 euro che quindi non erano dovuti. Certo, a lui hanno fatto comodo. Si sarà pagato le vacanze al mare, qualche viaggetto, li avrà investiti al meglio facendoli fruttare. Ma quei 864.670 euro sono stati pagati dagli italiani, che li hanno buttati via. Anche Walter Veltroni è nato a Roma, da famiglia romana, è cresciuto nella capitale dove ha fatto tutta la sua carriera politica eletto più volte alla Camera da cui si è dimesso solo per fare due volte il sindaco di Roma. Ha casa a Roma da sempre, e come Rutelli non ha mai rifiutato di prendersi un rimborso spesa che non doveva rimborsare nulla. Ha intascato fin qui 768.597 euro che secondo lo spirito della legge non gli erano dovuti: la diaria doveva servire a chi- residente in altre città e altri collegi dove aveva casa e famiglia- era costretto a pagarsi casa per restare a Roma una quindicina di giorni al mese. Serviva agli eletti del Nord, del Centro e del Sud Italia. A tutti, ma non a chi a Roma viveva già da una vita: per andare in Parlamento non ha mai dovuto spendere un centesimo più di prima: con quei soldi offerti gentilmente dagli ignari contribuenti italiani Veltroni si sarà pagato le vacanze a Sabaudia, hobby e passioni. E buon per lui. Il nonno di Gianfranco Fini su Roma marciò, nel 1922 a fianco del Duce. Ma poi tornò in Emilia Romagna. Così il nipotino nacque a Bologna. Fini però a Roma arrivò nel lontano 1971 e lì prese residenza insieme alla famiglia. È diventato romano di acquisto. Nella capitale si è laureato in pedagogia con il massimo dei voti, a Roma ha iniziato la sua carriera politica. Eletto deputato romano nel 1983 è nel palazzo da 27 anni. Era residente a Roma, aveva casa lì, viveva lì. Quando salì a Montecitorio per lui fu un onore, ma nessuna spesa in più. Eppure da allora ad oggi Fini ha ricevuto un rimborso spesa per il soggiorno a Roma non dovuto per un totale di un milione e 297 mila euro. Saranno serviti a pagare la pesca subacquea, le vacanze sul Mar Rosso o alle Maldive. Ma non l'aumento dei costi per fare il deputato a Roma, città in cui già viveva. Sono circa 200 oggi i deputati e senatori da anni residenti a Roma. Tutti si mettono in tasca quei 4.003,11 euro al mese di assurdo rimborso per le spese di soggiorno nella città in cui sono residenti da una vita. I loro colleghi debbono mantenersi casa e famiglia in un'altra città, e poi per quei 15-18 giorni al mese in cui sono costretti a Roma dai lavori parlamentari hanno davvero bisogno di pagarsi una stanza di albergo, un residence o una casa in affitto nella capitale. I 200 residenti a Roma prendono gli stessi soldi a titolo di rimborso, ma non hannole stesse spese. Soldi pubblici buttati al vento. Nel silenzio assoluto, con l'ipocrisia di ogni sperpero di palazzo: meglio nascondere, sopire. Perché oggi il regalo te lo godi tu e domani sarà il turno mio garantito dallo stesso silenzio.