L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Riceviamo e pubblichiamo: Caro Direttore, essendo un suo affezionato lettore e condividendo le battaglie che porta avanti vorrei sommessamente farle notare che da un po' di tempo lei eccede in titoli catastrofici per il Governo. Avrà anche ragione, ma tra i suoi lettori ci sono anche quelli che si demoralizzano presto. Alla fine lei finisce per fare il gioco dell'opposizione. Per cortesia imponga a se stesso ogni tanto un po' di fiducia sul futuro del PdL, non solo della Lega. Si ricorda cosa disse Berlusconi? Non ho mai visto un imprenditore pessimista avere successo. Cordialmente, Mario Mastrigli La risposta del Direttore: Caro Mastrigli, le posso assicurare che tra i miei molti vizi non c'è il pessimismo. Facendo il direttore di un giornale in una stagione in cui i giornali non vanno per la maggiore, è un lusso che non mi posso permettere. Se fossi incline a veder tutto nero le pare che avrei raccolto le sfide che mi sono state proposte in questi anni? L'ho scritto qualche giorno fa: quando accettai di dirigere Libero mi tremavano le gambe, ma dentro di me ero certo che ce l'avremmo fatta, nonostante tutti fossero convinti del contrario. E, pur senza essere un imprenditore, ho avuto ragione. Dunque, respingo l'accusa di disfattismo. Semmai mi si può accusare d'essere uno che calcola freddamente i rischi e non li nasconde né a sé né agli altri. È ciò che ho fatto in questi giorni, raccontando le insidie che attendono il governo nei prossimi mesi e descrivendo le imboscate che si preparano. È catastrofismo il mio? Non credo. Se si avvisa il guidatore di un'auto, dicendogli che potrebbe capottare, non lo si fa per deprimerlo né perché si è pessimisti, ma più semplicemente per evitare che finisca fuori strada e si ribalti. Non tacere del pericolo è un aiuto fondamentale affinché le cose non vadano come previsto e il finale non sia quello immaginato. Al contrario, dato che i miracoli non sono ancora nella disponibilità dei comuni mortali, far finta che tutto proceda al meglio può avere un solo epilogo: l'incidente. Se Libero insiste tanto, non è dunque per far finire il morale sotto i tacchi ai lettori, ma per sollecitare una correzione di rotta. In queste settimane l'ho scritto fino alla noia: quel che serve è una svolta. Chiamatela come volete: riscossa, reazione, contrattacco, offensiva, rottura. Non ne faccio una questione semantica, voglio solo che si reagisca a un destino che la maggior parte degli stessi parlamentari del PdL ritiene ineluttabile. Caro Mastrigli, crede che mi diverta a dipingere scenari neri come la pece? Pensa davvero che qui in redazione si sia così a corto d'idee da non sapere fare un titolo che ravvivi la giornata a lei e a tutti gli altri che quotidianamente vi recate all'edicola per comprare Libero? Volendo vi racconteremmo mille barzellette, ma vorrebbe dire prendervi in giro. Il nostro compito è sintetizzarvi quel che accade, anche quando è sgradevole. Lo so che a qualcuno non piace sentirsi dire le cose come stanno. Probabilmente non piace neppure a Silvio Berlusconi. Ma io penso che gli amici si misurino soprattutto nei momenti peggiori, quando hanno il coraggio di raccontarti le realtà più amare anche se tu preferiresti sentirne dire di zuccherose. Insomma, Mastrigli, io non posso cambiare la situazione per far qualcuno più contento. Posso solo mettere tutti sull'avviso e dirle che invece di piangerci addosso, sarebbe ora di passare all'azione. E chi ha orecchi per intendere, intenda.