L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Noi giornalisti siamo una strana categoria. Abbiamo un contratto di lavoro più rigido di quello dei metalmeccanici, che impedisce spostamenti e cambi di mansione non equiparabili, e come i lavoratori dipendenti a fine mese riceviamo un regolare stipendio. Però facciamo finta di essere liberi professionisti e alla stregua di architetti, ingegneri e avvocati abbiamo un Ordine con tutta la struttura che si tira dietro l'iscrizione ad un albo. A cosa serva tutto ciò confesso di non averlo mai capito. Per me il giornalista è colui che cerca la notizia e non chi ha ricevuto un patentino di pelle bordeaux nonostante una notizia in vita sua non l'abbia mai trovata. Dovessi decidere io, l'Ordine l'abolirei subito: non a caso 15 anni fa appoggiai il referendum radicale che intendeva toglierlo di mezzo e, se ci fosse, sosterrei pure quello di Beppe Grillo. Probabilmente qualche lettore si starà domandando come mai, nel bel mezzo di una crisi di governo, mi metta a scrivere dell'Ordine dei giornalisti e di faccende di una categoria che raggruppa poche migliaia di persone. Per evitare di passare per uno che si guarda l'ombelico mentre intorno tutto precipita, mi spiego subito. Questa mattina il supremo consiglio dei guardiani della professione, ovvero l'organismo che vigila sui cronisti, deciderà se sospendere o meno Vittorio Feltri per sei mesi, privandolo del diritto di scrivere per un semestre sui giornali. Ora, si può essere d'accordo oppure no con le opinioni di Vittorio, ma è innegabile che egli sia uno dei migliori e più importanti giornalisti di questo Paese. Negli ultimi trent'anni ha diretto con successo una mezza dozzina di quotidiani, più un paio di settimanali e una tv. Credo che pochi colleghi siano in grado di esibire un curriculum del genere. Eppure i capi dell'Ordine paiono intenzionati a dargli una lezione, bacchettandolo perché secondo loro non si sarebbe comportato da buon cronista nel caso Boffo. La storia è nota: Feltri polemizzando con l'ex direttore dell'Avvenire, raccontò la condanna per molestie e una presunta informativa della polizia del numero uno del quotidiano dei Vescovi. La prima notizia era vera, la seconda no. E tempo dopo Vittorio si scusò pubblicamente con il diretto interessato. Un errore in cui chiunque eserciti questa professione può incorrere e che non ha spinto neppure Boffo a sporgere querela. Anche perché la sostanza della notizia, ovvero la denuncia per molestie telefoniche nei confronti di una ragazza, era esatta. Il consiglio dell'Ordine della Lombardia presso il quale Feltri è iscritto, nonostante l'ex direttore di Avvenire non abbia denunciato Vittorio, ha però inteso procedere lo stesso e, nonostante altri commettano errori ben più gravi, ha deciso di sospendere per sei mesi il direttore del Giornale, risoluzione che questa mattina i vertici nazionali sono chiamati a ratificare o annullare. Alla maggior parte di noi che dirigiamo giornali e in un minuto siamo costretti a decidere la pubblicazione di un articolo, il provvedimento sembra abnorme e anche alla Procura generale di Milano, la quale pur non essendo annoverata tra i fan di Feltri l'ha giudicata eccessiva. Da indiscrezioni pare che i dirigenti del tribunalino dei giornalisti siano divisi in due fazioni: una vorrebbe mitigare la sanzione, l'altra invece sarebbe irremovibile e a quanto pare quest'ultima parrebbe in maggioranza. Mentre scrivo queste righe il bavaglio al direttore del Giornale è dunque tutt'altro che improbabile e, se confermato, l'esecutività sarebbe quasi immediata. Vi sembra normale? Dico: vi pare possibile che mentre casca il governo e ci si avvia alle elezioni, si metta la mordacchia, impedendogli di scrivere, al più noto giornalista di centrodestra? E giudicate ammissibile che a fare tutto ciò siano i vertici di un organismo che un giorno sì e l'altro pure protestano in nome della libertà di stampa? È sensato organizzare manifestazioni per tipi che si dicono censurati nonostante continuino a stare in tv e tacere su Feltri? A me pare di no. Io non faccio parte di alcun organismo, né sindacale né politico, e dunque il mio parere vale zero. Ma se fossi un sindacalista e un politico, se fossi soprattutto un moderato che non si riconosce nella linea sindacale e politica della sinistra, a questo punto sarei preoccupato. Perché il problema non è di Feltri. Il problema è di chiunque non sia intruppato fra i progressisti: una volta spento Vittorio c'è il rischio che riescano a far tacere anche i pochi altri giornalisti di centrodestra. E alla fine, se avranno tappato la bocca a noi, l'avranno tappata anche ai moderati. La censura insomma ci sarà, ma quella vera.