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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Non ci è mai piaciuto parlare di golpe o di regime antidemocratico, neppure quando regnava la sinistra, perché alle parole attribuiamo ancora un significato preciso e per noi un colpo di Stato è un colpo di Stato,  con tanto di colonnelli e carri armati, e non un agguato parlamentare né un trappolone, seppur dei più odiosi. Dunque per definire ciò che è accaduto ieri non useremo le parole forti che probabilmente alcuni lettori si aspettano, né inviteremo i seguaci di Berlusconi a scendere con il forcone in piazza per protestare contro quello che ha tutte le sembianze di un complotto contro di loro. Ciò non toglie che nei palazzi del potere romano si stia giocando un gioco sporco, anzi il più lercio che si sia mai visto da quando l'Italia si è trasformata in una Repubblica. Ai tempi della Dc e del pentapartito, le crisi di governo e gli sgambetti erano la regola e non c'è leader di quel periodo che non ne sia rimasto vittima. Mai, però, si era fatto un uso di trucchi così luridi come quelli cui stiamo assistendo ora. Neppure col ribaltone del 1994, quando la Lega tolse l'appoggio al primo esecutivo del Cavaliere si arrivò a tanto. Il campanaro sul Colle all'epoca si diede da fare per tentare di dar vita a un governo alternativo e la scelta cadde su Lamberto Dini, ma la seconda Repubblica muoveva i primi passi e alla fine fu lo stesso Berlusconi a accendere la luce verde che diede il via libera all'ex direttore della Banca d'Italia, convinto con l'inganno che il nuovo gabinetto avrebbe sbrigato solo le formalità portandoci in fretta alle elezioni. Ma questa volta i fatti sono diversi da quelli che li hanno preceduti. Berlusconi e Bossi non sono disposti ad alcun passo indietro né avallano un qualche esecutivo di salute pubblica o unità nazionale, ma anzi sollecitano le urne senza alcun tentennamento. Una linea Maginot per aggirare la quale i cosiddetti difensori della legalità stanno facendo carne di porco della Costituzione e del galateo istituzionale. Mai infatti si era visto un presidente della Camera  scendere in campo direttamente, guidando un partito e organizzando un trappolone contro un governo liberamente eletto. Non si era mai neppure, per la verità, assistito a delle consultazioni quirinalizie a paziente ancora in vita, seppur moribondo. Sia Fini sia Napolitano invece paiono avere una gran fretta di liquidare il governo del Cavaliere, tanto da non aspettare neppure che i medici, i quali in questo caso sono i parlamentari, dichiarino l'avvenuta morte cerebrale. La quale, a dire il vero, è probabile ma non certa e dunque il malato potrebbe ancora riservare qualche sorpresa. Come certi parenti che non si rassegnano di fronte al bollettino medico, alcuni fedelissimi del premier riferiscono che la partita, seppur messa male, non è ancora perduta e dalla ridotta del Senato Berlusconi potrebbe guidare la riscossa. La quale, intendiamoci bene, altro non può essere che il voto, perché se in questa faccenda c'è una certezza, è che il governo è spacciato. Ma affinché non sia spacciata anche la volontà della maggioranza degli italiani, c'è bisogno che il Senato regga e impedisca il ribaltone al quale lavorano da mesi i poteri forti e anche quelli deboli come ciò che resta della sinistra. Ce la farà il Cavaliere a non cedere? Difficile fare pronostici. Diciamo che più della ragione, qui ci sorregge il sentimento. E siccome non vogliamo darla vinta ai sudicioni, siamo pronti a scommettere che alla fine il Cavaliere li rimetterà nel sacco.  Magari non subito, forse tra qualche mese, ma alla fine ci riuscirà. E se non ci riuscirà lui, ci penseranno gli italiani.   

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