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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Le dimissioni del ministro copione Zu Guttenberg hanno eccitato gran parte dei giornali di sinistra, i quali, inseguendo da anni quelle di Berlusconi, si sono chiesti come mai il collaboratore della Merkel abbia lasciato la poltrona per la bugia sulla tesi, mentre il Cavaliere resiste ad ogni frottola. Ovviamente il riferimento non è alla laurea di Silvio, che non è in discussione, ma alle dichiarazioni del premier  a proposito  delle habitué di Arcore. Quando si è saputo dell'inchiesta di Milano, il Cav. le ha descritte come suore Orsoline intente a recitare il rosario, ma dalle intercettazioni si capisce che le giovani erano devote ad  altro genere di culto, non certo alla preghiera. Insomma, per la stampa rossa il presidente del Consiglio  è un gran bugiardo e come tale dovrebbe prendere esempio dal collega tedesco e far le valigie. Richiesta che val la pena di chiosare. Innanzitutto perché  politici che non raccontino balle credo non esistano in natura. Se esistessero infatti durerebbero poco. Quando si vogliono conquistare voti, la fandonia è quasi una conseguenza naturale della politica. Chi desidera l'elezione mica può dire in faccia la verità senza smussarla o renderla gradevole a coloro i quali chiede di mettere la croce sul proprio nome. Ve lo immaginate Bersani che va alla Fiat domandando di essere votato e poi dice agli operai che si dovranno rassegnare a lavorare il doppio e guadagnare la metà? Ovvio che no: a Mirafiori lo inseguirebbero con le chiavi inglesi  e dunque il capo del Pd preferisce raccontare ai lavoratori che Marchionne ha torto quando vuole ridurgli le garanzie. Allo stesso tempo Tremonti non può dire a brutto muso ai commercianti di prepararsi a pagare più tasse ritardando l'età della pensione. Succedesse lo seppellirebbero di testi unici delle imposte. Certo, queste non sono bugie vere e proprie, ma piuttosto un addolcimento della verità. Ma l'omissione è l'anticamera delle balle, perché contribuisce a far credere qualcosa di diverso dai fatti così come stanno.  Volendo però andare direttamente alle frottole più significative raccontate agli italiani da illustri statisti del passato e ahimé del presente, ci sono le bugie vere proprie dette in Parlamento dal governo D'Alema. Mentre i nostri aerei erano in volo verso Belgrado e si apprestavano a sganciare le bombe sulla capitale serba, il primo - e speriamo ultimo - esecutivo a guida comunista della storia d'Italia negò che l'aviazione tricolore partecipasse ad azioni di guerra. Nessuno si indignò per la palese menzogna e nessuno chiese conto, una volta scoperti i fatti, delle falsità. La stessa cosa accadde con Prodi, quando l'allora premier prosciugò il portafogli degli italiani con l'eurotassa, promettendo poi di restituirla l'anno dopo. In realtà gran parte di quel denaro nessuno lo vide indietro, ma nonostante ciò il parroco bolognese nel 2006 si ripresentò senza pentimento ai contribuenti,  chiedendo di essere eletto alla guida del governo.  L'elenco può continuare con un altro scippatore di soldi privati, l'ex premier Giuliano Amato, il quale dopo aver svuotato nella notte i conti correnti di ogni cittadino giurò che si sarebbe ritirato dalla politica. Promessa che ovviamente dimenticò in fretta, ripresentandosi  dalle parti di Palazzo Chigi sei anni dopo. Se fosse per lui, tornerebbe un'altra volta, ma in questo caso la sua scelta cadrebbe sul Quirinale. Di pallonari che hanno promesso di lasciare la politica in caso di sconfitta, del resto, è pieno il Parlamento. Si comincia dall'ex segretario del Pd Walter Veltroni, il quale spergiurò che se ne sarebbe andato in Africa appena concluso il mandato di sindaco di Roma, e si finisce con Gianfranco Fini, il quale meno di sei mesi fa disse in tv che avrebbe mollato la poltrona di presidente della Camera se si fosse dimostrato che la casa di Montecarlo era del cognato. Come è noto, trascorso il tempo, Veltroni si è fatto passare il mal d'Africa e sta sempre lì a brigare per diventare segretario del partito e successivamente presidente del Consiglio, mentre Fini va in giro a promettere che si ritirerà qualora fallisse il suo progetto di Futuro in Libertà (non si preoccupi: non servirà una sua decisione, ci penseranno direttamente gli elettori). Visti gli esempi si può concludere che di sparapalle la politica è piena  e se dovessero dimettersi tutti, probabilmente si svuoterebbero sia la Camera che il Senato. In fondo, rileggendo quelle che ci hanno propinato D'Alema, Prodi e la compagnia contante che li ha circondati in questi anni, le balle di Berlusconi appaiono tra le più innocue.  È vero, anche lui le mani non le tiene a posto, ma non le infila nel nostro portafogli, al massimo in qualche décolleté.

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