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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

domenico d'alessandro
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Conosco poco Luigi Bisignani: nel corso degli anni mi è capitato di incontrarlo un paio di volte, ma al pari di chiunque faccia questo mestiere so dei suoi trascorsi. Giornalista dell'Ansa prima, poi portavoce di un ministro, quindi nei guai per la faccenda Enimont. Di lui si dice che faccia il lobbista, attività conosciuta e regolamentata in altri Paesi, mentre da noi è sempre stata circondata da un alone di mistero. Diciamo che ha i contatti giusti, cerca di agevolare provvedimenti legislativi e affari, girando sempre attorno alle cose che contano come le api al miele. In sé nulla di male, a meno che non si commettano reati. E finora di reati nell'inchiesta soprannominata P4 allo scopo di evocare la P2 di Licio Gelli io non ne ho visti. Può darsi che sia un mia lacuna oppure che i magistrati di Napoli tengano coperte le carte migliori con cui intendono incastrare il gruppo di persone che gravitavano intorno all'ex cronista. Ma, leggendo le indiscrezioni pubblicate dai giornali solitamente molto documentati quando si tratta di cose giudiziarie, mi pare di non avervi trovato nulla di così significativo da meritare che ad occuparsene sia una Procura. Niente massoni come ai tempi del Venerabile, niente liste segrete, neanche il sospetto di una strage. Bisignani portava un generale al palazzone rosso del Pd per presentargli D'Alema? Per quanto qualche lettore abbia una reazione allergica alla sola idea di frequentare l'ex ministro degli Esteri, conoscere un post comunista non è ancora una questione che riguardi il codice penale.  Il lobbista dava suggerimenti al direttore generale della Rai, consigliandogli come trattare Santoro? Anche questo per ora non è vietato da una legge. L'uomo del mistero era un habitué dei vertici Eni e cercava di infilare lo zampino in qualche affare? E allora, che male c'è se non si sono commesse infrazioni e non si sono fatti sparire soldi pubblici? Bisignani non amava Bocchino e spifferava a Dagospia qualche informazione che riguardava il deputato finiano e le sue frequentazioni? Fino a prova contraria parlar e scriver bene del vicepresidente di Futuro e Libertà non è diventato un obbligo. Non essendo stati depositati gli atti giudiziari, l'inchiesta del pm Woodcock - lo stesso di Vallettopoli e di Vittorio Emanuele  - appare per ora suffragata da nessuna prova ma solo da una serie di supposizioni, le quali fanno venire alla mente rumorose indagini del passato. Per esempio quella dai contorni oscuri che partendo da Aosta minacciò di arrivare alla Casa Bianca, coinvolgendo decine di persone ritenute massoni e lobbisti. Phoney money - così si chiamava -  dopo molti interrogatori e molte ipotesi di reato, si conclude con un nulla di fatto. Stessa fine di Why Not, il fronte aperto in Campania da Luigi De Magistris, l'europarlamentare dell'Italia dei valori  ora candidato a sindaco di Napoli. L'inchiesta lambì Palazzo Chigi ai tempi di Prodi e colpì anche il ministro della Giustizia Clemente Mastella, ma dopo tanto clamore le ipotesi di reato furono archiviate con molta fretta. Per restare nel Mezzogiorno, ci fu anni addietro anche un'altra inchiesta, condotta dal capo della Procura di Reggio Calabria Agostino Cordova, in cui si  immaginavano strani intrecci con logge massoniche e affaristi, ma anche quella fu archiviata tra le fantasie giudiziarie. Del resto, per quanto ci si sforzi di evocare scenari oscuri stile P2, non bisogna dimenticare che anche la mitizzata indagine sull'associazione segreta fondata da Licio Gelli si concluse con le assoluzioni.  La P2  non cospirò contro lo Stato, come sancirono i giudici mandando assolti gli imputati: al massimo gli affiliati tendevano a farsi i fatti loro, facilitandosi la carriera e promettendosi mutuo soccorso in caso di difficoltà. Anche la P4 finirà dunque come la P2 e come Why Not e Phoney Money? Non lo so, è presto per dare un giudizio netto:  bisogna aspettare gli sviluppi delle prossime settimane e capire cos'hanno in mano i pm per tirare delle conclusioni. Una cosa mi pare però certa. Nel mirino non ci sono solo un semisconosciuto frequentatore di palazzi, un maresciallo dei Ros e un ex giudice. L'obiettivo sta più in alto ed è il braccio destro di Silvio Berlusconi. L'ex giornalista diventato lobbista è solo il mezzo per arrivare nell'anticamera di Gianni Letta, il vero uomo macchina del potere berlusconiano. Dalla sua stanza passano tutte le decisioni che contano e della sua stanza Luigi Bisignani è considerato un ospite abituale. Il gran ciambellano del Cavaliere è già stato sentito dalla Procura. Poche domande a una persona informata sui fatti: in tutto l'interrogatorio è durato mezz'ora. Ma secondo i  maliziosi esperti di grane giudiziarie quello di Woodcock  è stato solo l'antipasto. Come finirà? Difficile dirlo. A naso mi pare che tiri una brutta aria. Peggiore di quella di un anno fa, quando l'indagine sulla cricca sfiorò il sottosegretario. Allora fallirono, adesso altri ci riprovano. Buona fortuna. A noi, ovviamente.

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