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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Ve la ricordate la Merkel mentre sorride divertita a Sarkozy? La risatina e l'aria di sufficienza mostrate ai giornalisti che chiedevano se l'Italia ce l'avrebbe fatta? Vi torna in mente il tono con cui qualche settimana dopo accolse Monti, dicendo che il nuovo premier italiano aveva fatto i compiti a casa? Sembrava la prima della classe che, parlando del compagno ripetente e pasticcione, lo tratta con condiscendenza, sapendo che con certa gente ci vuole pazienza e non si può pretendere troppo. Adesso però si scopre che la signora che si divertiva a fare la maestrina dalla penna rossa non ha motivo di  mostrare il suo complesso di superiorità. A rivelarlo è una letterina semi nascosta nella rubrica della posta del Corriere della Sera. La firma non è di un banchiere e nemmeno di un qualche politico, ma di un semplice lettore. Il quale ricorda la pubblicazione di un editoriale sulla prima pagina dell'Handesblatt, il prestigioso quotidiano economico tedesco. Nell'articolo, a detta del lettore, un economista rifaceva i conti in tasca alla Germania, spiegando che il debito crucco era assai più alto di quello ufficiale. Nei calcoli forniti alla Ue i tedeschi avrebbero evitato di includere le pensioni e i servizi sociali, cioè la parte più costosa della spesa pubblica. I cronisti di Libero a questo punto si sono scatenati, rintracciando l'editoriale (ripreso nei giorni scorsi da Die Welt, importante quotidiano di Amburgo) e il suo autore, il quale a sorpresa conferma tutto. La Germania, se non taroccasse i dati, imboscando i vitalizi previdenziali e gli assegni per le persone disabili, avrebbe un debito di 7 mila miliardi di euro, più del triplo di quel che dichiara. Il rapporto tra debito e Pil invece di essere del virtuoso 85 per cento, sarebbe del 197. Settantasette  punti più di quello italiano. Addirittura superiore a quello della scassatissima Grecia. A sostegno della tesi ecco una tabella convalidata dall'Europa in cui la somma del debito esplicito e di quello implicito ci indica come il Paese messo meglio, davanti a Germania e Francia. Se poi si bada al fabbisogno di consolidamento siamo al 2,4, quasi la metà di quello tedesco. Già nel passato erano sorti dubbi a proposito dell'abilità a far di conto dei teutonici e qualche giornale aveva eccepito l'esclusione dalla somma finale degli impegni della Cassa depositi e prestiti crucca. Ma qui c'è di più. Molto di più. Altro che italiani cicale e spendaccioni. Qui gli alfieri del rigore, i signori che sprezzantemente ci guardano dall'alto in basso dalle torri di Francoforte devono scendere dal piedistallo, perché stanno peggio di noi. Intendiamoci. Il nostro non è un inno alla spesa. Sempre spendaccioni rimaniamo anche se i tedeschi hanno più debiti di noi. Le riforme contro gli sprechi restano dunque indispensabili. Ma almeno c'è la consolazione che chi ci dà lezioni e ci tratta da ripetenti duri di comprendonio non ha alcun titolo per farlo. Visto che ci siamo vorremmo aggiungere due paroline anche sulla signora Merkel e sulla sua proverbiale testardaggine. Per quanto abbiamo capito conversando con banchieri e finanzieri italiani ed europei, se ci troviamo in questo guaio lo dobbiamo principalmente a lei. La lentezza con cui si è mossa nel principio della crisi, la scarsa flessibilità con cui ha reagito alle sollecitazioni, la quasi totale assenza di acutezza nel valutare gli effetti sull'euro che sarebbero stati provocati dalle difficoltà dei singoli Paesi, ci hanno fatto precipitare in una recessione che somiglia a quella del 1929. Invece di dare fiducia e di tranquillizzare i mercati, la Merkel ha ostinatamente fatto il contrario. C'è chi dice che abbia tenuto questo comportamento per puro e semplice calcolo elettorale. Non godendo di buona fama tra i tedeschi, avrebbe cercato di risollevare i consensi sulle spalle degli italiani, giocando sull'antipatia che i crucchi hanno nei nostri confronti. Dicendo che la Germania non avrebbe pagato i conti dei Paesi indebitati, la donna venuta dall'Est ha messo il bastone fra le ruote a ogni genere di soluzione della crisi. Anche a quelle più ovvie e ragionevoli. Risultato: prima che faccia altri danni ci auguriamo che qualcuno le faccia abbassare la cresta. Non ha motivo di averla così alta. di Maurizio Belpietro

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