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Mons. Gaenswein: con Benedetto XVI o con Bergoglio? La sede impedita spiega il mistero

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Forse non ci crederete, ma il mistero più grande di tutta la Magna Quaestio non è stato quello della sede impedita nella quale si è rifugiato il Santo Padre Benedetto XVI. Come sapete, questo è avvenuto con un espediente canonico preparato da 30 anni, che gli ha consentito di rimanere l’unico papa e di scismare l’antipapa usurpatore Bergoglio, come ampiamente illustrato nel libro inchiesta “Codice Ratzinger” (Byoblu ed.), oggi fra i più letti in Italia.  

Il vero “mistero dei misteri” è stato, fino a qualche tempo fa, costituito da Mons. Gaenswein: “ma da che parte sta?”, vi sarete chiesti anche voi. E’ l’occhiuto carceriere bergogliano di papa Benedetto, oppure un fedelissimo e santo vescovo che lo protegge?

Infatti, l’arcivescovo di Urbisaglia ha già espresso, in passato, dichiarazioni contraddittorie: “Il papa è uno ed è chiaro che è Francesco”, ad esempio. La frase ha mandato in solluchero i bergogliani, ma ha sancito indirettamente e inequivocabilmente che Benedetto XVI non ha MAI detto esplicitamente che il papa è Francesco. (Se “è chiaro”, infatti, vuole dire che lo si è dedotto in mancanza di dati certi).

Così, già altre volte Mons. Gaenswein ha fatto rare dichiarazioni pro-Bergoglio, ma ha soprattutto espresso concetti devastanti, come il discorso del “ministero allargato” QUI durante il quale ha spiegato che il “partito” di cardinali che candidava Bergoglio, la Mafia di San Gallo (come emerso l’anno prima dalla autobiografia del citato card. Danneels) era quello di “una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”.  QUI Vi rendete conto?

Ora, come scriviamo dall’agosto 2021, papa Benedetto è in sede impedita, uno status canonico dove il papa è confinato, prigioniero, non libero di esprimersi. Nessuna smentita, né dai canonisti, né dal Vaticano bergogliano, né tantomeno dal Santo Padre Ratzinger.

Papa Benedetto è riuscito nell’impresa sovrumana di dire sempre la verità riguardo se stesso, attraverso un “codice Ratzinger” che gli consente di selezionare solo chi ha orecchie per intendere. Per esempio, ciò avviene quando dice che ha “liberamente rinunciato al suo ministero”: siccome munus e ministerium si traducono entrambi con la parola ministero, lui sta dicendo la verità, cioè che ha rinunciato all’esercizio pratico del potere (ministero-ministerium) perché impedito, e non al titolo (ministero-munus) che lo avrebbe fatto abdicare. Carta canta. Ma il mainstream e gli una cum non ci arrivano o non vogliono capirlo.

Mons. Gaenswein, invece, non è tenuto a un simile rigore perché non parla per se stesso, è a contatto diretto col mondo esterno e deve proteggere papa Benedetto. Quindi, se sollecitato da bergogliani può dover confermare la narrativa dell’usurpatore, come un prigioniero che, sotto minaccia dei nemici, ubbidisce, fa e dice quello che loro vogliono. Peraltro, si ricordi che papa Benedetto ha promesso obbedienza e reverenza al suo successore-usurpatore.

Ne segue che, dato lo status oggettivo, mai smentito della sede impedita, vale meno di zero ciò che viene detto di collimante con la narrativa dei carcerieri, ma conta solo quello che va in controtendenza. La spiegazione è molto semplice: immaginate una persona sequestrata in casa, col rapinatore che la minaccia con la pistola dietro la porta. Suona un vicino e gli chiede: “Tutto bene?”, “Certo - risponde il sequestrato - tutto a posto, non rispondevo al telefono perché ero sotto la doccia”. E intanto fa degli occhiolini, delle smorfie strane per negare quanto sta dicendo. Ovviamente non conta la versione verbale espressa sotto minaccia, ma contano SOLO i segnali in controtendenza. Così, di quanto dichiara Mons. Gaenswein, contano solo i discorsi pro-impedimento di Benedetto e non quelli pro-Bergoglio, PER LA NATURA STESSA DELLA SEDE IMPEDITA che impedisce agli impediti di esprimersi liberamente.  Ci siamo? Quindi, mai e poi mai Benedetto XVI o Mons. Gaenswein potranno confermare esplicitamente che sono in sede impedita fin quando si troveranno in sede impedita. 

Ed arriviamo all’ultimo caso, appena divulgato su Radio Domina Nostra da don Alessandro Minutella, il sacerdote fedelissimo di papa Benedetto presuntamente scomunicato e ridotto allo stato laicale da Bergoglio.

Il fratello di un sacerdote del suo sodalizio, questi bergogliano, ha avuto una telefonata con Mons. Gaenswein, organizzata dal di lui fratello Helmut. L’occasione quindi era stata preparata.

Alle domande poste dal sacerdote circa il movimento lealista a Benedetto XVI, Mons. Gaenswein ha risposto con parole molto sopra le righe. Ha detto che “don Minutella è un pazzo”, che il suo libro “Pietro dove sei?” è carta straccia e – forse – qualcosa anche su “Codice Ratzinger”, ma il sacerdote non ha capito bene, probabilmente qualcosa di negativo.

La dichiarazione ha preso in contropiede il Piccolo Resto, ma inutilmente. Anzi. Come meravigliarsi del fatto che, a un prete bergogliano, in una telefonata presumibilmente tenuta sotto controllo, l’impedito Mons. Gaenswein, segretario dell’impedito papa Benedetto potesse dire qualcosa di contrario alla narrativa degli impeditori? Ve lo immaginate l’arcivescovo confidare per telefono al prete bergogliano: “Sì certo, don Minutella ha ragione, il papa è in sede impedita e l’antipapato di Francesco sarà annullato”?

Anzi, questo linguaggio così enfatizzato dimostra esattamente il contrario: infatti, se don Minutella fosse pazzo, per il diritto canonico non poteva essere scomunicato, né ridotto allo stato laicale, ma semmai rinchiuso in un istituto sanitario per sacerdoti. 

In ogni caso, per una questione di ovvia carità cristiana, la questione don Minutella poteva essere risolta da papa Benedetto o da Mons. Gaenswein già nel 2018, spiegando pacatamente al teologo palermitano per quale motivo canonico Benedetto avrebbe regolarmente abdicato. “Caro don Alessandro, guarda qui, rinunciare al ministerium in modo differito e non ratificato va benissimo come abdicazione, per questo, questo e quest’altro motivo canonico”. E Mons. Gaenswein pare sia anche laureato nella materia, o in ogni caso poteva farselo spiegare da papa Benedetto. E invece non è stato fatto perché la Declaratio come rinuncia è del tutto invalida. Lo ha dimostrato l’avvocatessa Estefania Acosta in un libro giuridico di 300 pagine "Bendetto XVI: papa emerito?" che non è mai stato smentito.

Mons. Gaenswein ha detto anche che gli errori di latino non rendono invalido il documento, e HA RAGIONE. Lo ha sempre sostenuto l’avvocatessa Acosta e noi con lei: gli errori di latino sono solo un richiamo sugli errori giuridici della Declaratio se interpretata come un’abdicazione. Ma abbiamo visto come il documento non abbia errori giuridici in quanto è un annuncio non giuridico, ma perfettamente coerente, di sede impedita e non un’abdicazione. Infatti non è mai stata ratificata dopo l’ora X.

Mons. Gaenswein ha, quindi, lanciato un clamoroso sasso nello stagno – fornendo non pochi codici Ratzinger - che rianima e stimola il dibattito sulla questione, dato che la mediocre, ma funzionale tecnica difensiva dei bergogliani è quella di tenere tutto oscurato e sotto silenzio.

E’, quindi, il solito sistema di selezione del Codice Ratzinger: i bergogliani si accontenteranno della versione superficiale e apparente, ma papa Benedetto vuole farvi scendere nella dimensione della super-verità. Ovviamente, dato che si parla di sede impedita, nulla di quanto detto da papa Benedetto (qualora fosse mai uscito qualcosa di univoco) o da mons. Gaenswein in accordo con la versione degli impeditori può mai essere presa letteralmente. E’ come se per sincerarsi che una persona non sia sequestrata in casa, bastasse fargli una telefonata. E’ chiaro che il sequestrato, può fare solo due cose: o ripetere che tutto va bene, con la pistola alla tempia, o lanciare dei segnali velati. L’unico modo per verificare che non sia davvero sequestrato è entrare in casa sua, e ispezionare ovunque.

Allo stesso modo, anche se papa Benedetto in persona dicesse che il papa è Francesco, che lui celebra in comunione con Francesco, che il suo successore è un santo e che la sua Declaratio canonicamente è una rinuncia valida al papato, non potrebbe essere preso in considerazione. Anche perché il papa stesso è sottoposto al diritto canonico e quindi a decidere se la sua Declaratio è valida, non è lui, ma deve essere un sinodo provinciale, un concilio, una commissione di canonisti specializzati a totale garanzia di indipendenza. E dovrebbe essere Bergoglio per primo a chiedere chiarezza su una simile questione. MA NON LO FA, e sappiamo perché.

A riprova di quanto affermiamo, ci sono i sostenitori dell’errore sostanziale, i quali sono convinti che papa Benedetto abbia scritto male la Declaratio perché è sbadato e/o modernista e che quindi sia rimasto papa CONTRO LA SUA STESSA VOLONTA’. In termini teorici è plausibile, perché ciò che conta è l'atto, se è stato scritto validamente o no, ma quest’ultimo dettaglio circa l'inconsapevolezza del papa Benedetto è stato smentito dal Codice Ratzinger appunto, che dimostra in modo inequivocabile come Benedetto sia perfettamente consapevole di ciò che ha fatto. La posizione degli errorsostanzialisti dimostra che l’unica cosa che conta, alla fine, è il documento canonico: se è valido come abdicazione, oppure no. E non lo è.

In sintesi, Mons. Gaenswein è del tutto fedele a papa Benedetto, anche il suo pianto dirotto in varie occasioni lo dimostra a livello immediato (a meno che non abbia frequentato per anni l’Actor Studio) ma a volte deve difendere la narrativa bergogliana perché, come papa Benedetto, è impedito. E così Mons. Gaenswein lo fa, almeno, in modo enfatico, eccessivo, volutamente sprezzante, brutalmente assertivo come i bergogliani, per nulla confacente allo stile di papa Benedetto, che è adamantino, razionale e caritatevole. Il vescovo fa così proprio per far capire l’impedimento a chi ha orecchie per intendere.

Ovviamente, l’unico modo per smentire l’impedimento di papa Benedetto NON può essere quello di chiedere a lui o al suo segretario impediti (è un controsenso, no?) ma è “mandare la polizia a casa”, cioè un sinodo provinciale che, pubblicamente, esamini la Declaratio e si esprima in termini giuridici sull'impedimento del vescovo di Roma. A questo si dovrebbe aggiungere una conferenza stampa diretta di papa Benedetto, fatta di fronte alle telecamere di tutto il mondo, con le massime garanzie di sicurezza.

Finché non arriva questo tipo di pronunciamento dalla Chiesa, le parole filobergogliane stanno a zero e Benedetto è impedito.

Poi, una volta che il sinodo riuscirà mai a dimostrare valida l’abdicazione di Benedetto e l’inesistente sede impedita, si tratterà di dimostrare come Bergoglio potrebbe mai continuare a essere papa e a non essere decaduto da un pezzo per le sue eresie e apostasie. Ma questa sarà un'altra questione. 

Insomma, avete voglia a lavoro da fare. Quindi, se siete cattolici, state tranquilli e continuate a gridare più forte di prima dai tetti che il vero papa è solo Benedetto XVI in sede impedita.

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