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La retromarcia di Elisabetta Franchi

Brunella Bolloli
Brunella Bolloli

Alessandrina, vivo a Roma dal 2002. Ho cominciato a scrivere a 15 anni su giornali della mia città e, insieme a un gruppo di compagni di liceo, mi dilettavo di mondo giovanile alla radio. Dopo l'università tra Milano e la Francia e un master in Scienze Internazionali, sono capitata a Libero che aveva un anno di vita e cercava giovani un po' pazzi che volessero diventare giornalisti veri. Era il periodo del G8 di Genova, delle Torri Gemelle, della morte di Montanelli: tantissimo lavoro, ma senza fatica perché quando c'è la passione c'è tutto. Volevo fare l'inviata di Esteri, ma a Roma ho scoperto la cronaca cittadina, poi, soprattutto, la politica. Sul blog di Liberoquotidiano.it parlo delle donne di oggi, senza filtri.

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Poteva, Elisabetta Franchi, restare zitta dopo tutto il can can scoppiato a seguito delle sue esternazioni sulle donne che lei mette nei posti di comando solo se hanno passato gli "anta", perché così hanno già "figliato", si sono già separate, divorziate, risposate, insomma <hanno già fatto tutto il giro di boa> che era da fare? No, lei non poteva. E infatti la stilista bolognese al centro della querelle degli ultimi giorni scaturita da un suo "delirante" (definizione del segretario Pd Enrico Letta) intervento alla kermesse del Foglio, sommersa dalle polemiche ha deciso che doveva  "rimediare" al fattaccio e deve avere obbligato il suo ufficio stampa a vergare un testo di rettifica in cui, sostanzialmente, afferma che le sue parole sono state inopportune e comunque lei ha sempre dato da lavorare a tante donne, 8 su 10 nella sua azienda infatti sono "femmine". Le crediamo. Del resto, per essere arrivata dove è arrivata, per avere creato un marchio, EF, che piace e fattura come una multinazionale, qualche merito la simpatica signora deve pur averlo. Il problema è che, nel 2022, fa ancora indignare una certa cultura patriarcale che si permette di giudicare chi deve andare "nei posti di comando" e ancora di più amareggia il fatto che certi discorsi vengano da una donna, che dovrebbe essere la prima, in teoria, a volere valorizzare e premiare le donne, mentre invece lei stessa ammette, in un pubblico consesso, di avere privilegiato i maschi in azienda. E poi, rattrista, cara  Franchi -  donna moderna e al passo con i tempi - l'avere ignorato che ormai sempre più "ragazze" fanno figli dopo i 40 e questo proprio perché, in certi casi, stupidamente, si privilegiano il lavoro e la carriera al posto della famiglia o, invece, in altri non c'è abbastanza lavoro  o non ci sono sostegni, da parte dello Stato, per aiutare le mamme lavoratrici. Insomma, non è certo colpa di Elisabetta Franchi se in Italia mancano gli asili aziendali, se le donne fanno ancora fatica a conciliare lavoro e affetti e se a una riunione importante a un uomo è sufficiente presentarsi mentre a una donna si richiede che si presenti sì, ma pure in un certo modo. E' sempre stato così e ancora sarà così. Però, Elisabetta Franchi è un'imprenditrice di successo e ha la possibilità, nel suo piccolo, di fare qualcosa per cambiare la situazione.  Non di prenderne atto e  dire: anch'io ho preferito promuovere i maschi. Se no non cambia mai niente. 

Infine, un'ultima considerazione sull'altro "scandalo" di questi giorni: le presunte molestie fatte dagli alpini a Rimini. In attesa che si accertino le responsabilità, al di là delle denunce virtuali delle femministe pronte sempre ad alzare il ditino, la questione non sono gli alpini. Ha ragione Michele Serra: se metti insieme 300mila uomini un po' brilli in un'adunata di più giorni, modello grande scampagnata, a meno che non siano monaci di clausura, è possibile che qualcosa accada. Sbagliato, quindi, criminalizzare il corpo degli Alpini, assurdo chiederne lo scioglimento. Le molestie di pochi non devono penalizzare il lavoro di molti.          

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