Il viaggio comincia con un treno. Velocissimo, preciso, parte dalla stazione di Parigi Est e corre verso Reims, capitale spirituale della Champagne. Una mattina chiara di primavera, di quelle che sanno ancora di vento e di fiori, accompagna i passeggeri attraverso un paesaggio che muta con discrezione: dai sobborghi della metropoli alle colline ondulate, dai villaggi silenziosi ai primi filari di viti. In meno di un’ora, si entra in un altro mondo.
Reims accoglie con la sua imponenza discreta. Le pietre bianche della cattedrale di Notre-Dame, capolavoro gotico e simbolo della monarchia francese, brillano sotto il sole. Ma chi oggi arriva in città non cerca solo arte e storia: insegue un sapore, un profumo, un racconto che nasce dalla terra e si trasforma in magia. E quella magia porta un nome: Taittinger.
Poco distante dal centro, in un edificio elegante immerso nella quiete, si trova l’ingresso della Maison. La reception è sobria ma curata, come si addice a una grande casa che non ha bisogno di ostentare per affascinare. Ad accogliere i visitatori, un sorriso gentile e la promessa di un viaggio. Non un semplice tour enologico, ma una vera e propria immersione nei secoli. La guida, giovane e appassionata, conduce il piccolo gruppo verso l’ingresso delle cantine. Una scala a chiocciola si avvolge su se stessa, perdendosi nel cuore della terra. I passi risuonano leggeri contro le pareti umide, mentre l’aria si fa più fredda, più densa. In pochi minuti, ci si ritrova a diciotto metri sotto la superficie, in un mondo sospeso nel tempo.
Le cantine Taittinger sorgono su un sito straordinario: le antiche crayères, cave di gesso scavate dai Romani nel IV secolo, poi riutilizzate dai monaci dell’abbazia di Saint-Nicaise. In questi corridoi sotterranei, nel Medioevo, si custodivano reliquie, vino, manoscritti. Poi, con la Rivoluzione, l’abbazia viene distrutta, ma le cantine restano. Silenziose. Intatte. Oggi fanno parte del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.

Ogni galleria ha il suo ritmo, ogni nicchia la sua funzione. Alcune ospitano pile ordinate di bottiglie, altre mostrano incisioni antiche: croci, iniziali, simboli lasciati da chi ha abitato quei luoghi prima del vino. La guida racconta la storia della Maison: fondata nel 1734, rinnovata negli anni Trenta da Pierre Taittinger, che acquista il castello de la Marquetterie e sceglie di produrre uno champagne che sia espressione di eleganza, freschezza e precisione.
Il cuore dell’esperienza è tutto lì: camminare tra le bottiglie in silenzio, percepire la temperatura costante di 12 gradi, ascoltare il s

Ogni dettaglio è controllato con cura: l’inclinazione delle bottiglie, il tempo di riposo, la rotazione manuale delle pupitres. Nulla è lasciato al caso, perché lo champagne, in fondo, è un equilibrio fragile tra scienza e arte.
Usciti dalle profondità, i visitatori vengono guidati verso la sala degustazione. L’ambiente è raffinato ma caldo, con legni chiari, luce naturale e una vista su un piccolo giardino. Lì vengono serviti i calici: prima il Brut Réserve, la cuvée simbolo, fresco, con note di pesca, brioche e fiori bianchi. Poi, per chi lo desidera, il Prestige Rosé, più fruttato, seducente, dal colore delicato.

Ogni sorso è un ritorno al cuore della visita. I profumi riportano alle gallerie, alla quiete, al tempo che scorre lentamente. Le bollicine, finissime, raccontano il lavoro invisibile dei lieviti, la sapienza dell’assemblaggio, l’arte della maison.
Nel pomeriggio, chi ha ancora fame di bellezza raggiunge la Demeure des Comtes de Champagne, nel centro storico. Questa dimora gotica del XIII secolo, anch’essa di proprietà di Taittinger, ospita eventi esclusivi e degustazioni speciali. Lì, tra volte antiche e saloni in pietra, si assaggia il Comtes de Champagne, il prestigioso Blanc de Blancs prodotto solo nelle migliori annate: un vino che è il riflesso più puro della Côte des Blancs.
Reims, intanto, continua a vibrare con discrezione. Le sue vie silenziose, le facciate in stile art déco, i piccoli caffè con tavolini affacciati sulle piazze. Ma qualcosa, dopo la visita a Taittinger, cambia. Si guarda la città con occhi diversi. Si percepisce, sotto l’asfalto e le pietre, la presenza di quel mondo sotterraneo, fatto di pazienza, fermentazione, cura. E si capisce che il vino, qui, non è solo un prodotto: è un’eredità, un racconto da custodire.

Al tramonto, qualcuno acquista una bottiglia da portare a casa. Non solo per berla, ma per aprirla in un giorno speciale e ritrovare, in un sorso, l’eco di quel viaggio. Le crayères, la luce calda, il silenzio delle bottiglie in attesa. Il tempo, finalmente, reso liquido.
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