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Coppie internazionali e contratto di convivenza

Marzia Coppola
Marzia Coppola

Avvocato matrimonialista, educata alla resilienza e alla libertà. Laureata in Italia e in Francia, ho continuato gli studi per diventare anche avvocato della Sacra Rota. Lavoro con l'Avv. Annamaria Bernardini de Pace e mi occupo di diritto di famiglia a 360 gradi (e più!). Convinta che anche dalla relazione peggiore si possa imparare qualcosa.

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In una realtà contemporanea iperconnessa, dove – pandemia globale a parte – si sono assottigliati i limiti alla circolazione delle persone, crescono proporzionalmente le coppie caratterizzate da elementi di internazionalità. La legge, come spesso accade, fatica a stare al passo con questa realtà dinamica, nella quale le esigenze pratiche delle persone si scontrano con ostacoli giuridici e burocratici. È il caso delle coppie internazionali che vogliono stabilirsi in Italia senza, però, sposarsi.

Pensiamo a un cittadino italiano, impegnato in una relazione stabile con una cittadina russa, che decida di stabilirsi con la propria compagna in Italia.  Fino a pochi anni fa, per la cittadina russa non sarebbe stato possibile risiedere legalmente in Italia senza contrarre matrimonio. Poi, dopo l’adeguamento della legge italiana alla disciplina europea, lo Stato ha riconosciuto la possibilità, per il cittadino extracomunitario, di soggiornare regolarmente sul territorio in presenza di “documentazione ufficiale attestante l'esistenza di una stabile relazione con il cittadino dell'Unione”.

Successivamente, la legge Cirinnà del 2016, ha chiarito che devono intendersi famiglie anche le coppie non sposate e meramente conviventi e “unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”. Per certi versi, questa legge, ha equiparato le coppie conviventi a quelle sposate. Ecco, quindi, che il contratto di convivenza (anziché il certificato di matrimonio) può essere lo strumento idoneo a permettere l’iscrizione del cittadino straniero nell’anagrafe dei residenti del Comune di riferimento.

Qualcuno potrebbe lamentare il fatto che, comunque sia, il contratto di convivenza non rappresenta uno strumento così ufficiale da poter “saltare a pie’ pari” gli ostacoli sopra descritti. E d’altra parte, la Pubblica Amministrazione, non ha ancora ufficializzato questa soluzione escogitata dagli avvocati più lungimiranti. Tuttavia, accorrono in aiuto e sostegno le prime pronunce dei tribunali che affermano e confermano come il contratto di convivenza - autenticato dall’avvocato - rappresenti un documento dotato dei requisiti sufficienti per l’iscrizione dello straniero nell’anagrafe dei residenti.  

Non resta che augurarsi che questa virtuosa prassi si diffonda rapidamente. Nel frattempo, in ogni caso, è importante essere attenti e minuziosi, nella redazione dei contratti di convivenza, così da assicurare che questo strumento attribuisca certezza alle relazioni di quelle coppie in cerca di un’alternativa all’abito bianco. 

di Avv. Marzia Coppola ([email protected]) e Avv. Francesco Valori 


 

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