Di fronte a un piatto di orecchiette fatte a mano, condite con broccoli, pomodorini confit, acciughe e una generosa spolverata di mollica di pane croccante, si può restare in silenzio. Non per mancanza di parole, ma per rispetto. Perché quando la semplicità incontra la perfezione, si entra in un territorio sacro per ogni appassionato di gastronomia: quello della memoria, dell’identità e dell’eccellenza. È quanto accade ogni giorno a Milano, in via Pasquale Sottocorno 27, da Ricci Osteria, il ristorante dove la chef stellata Antonella Ricci, insieme al marito Vinod Sookar e al resident chef Francesco Bordone, ha portato un pezzo autentico di Puglia, trasformandolo in un’esperienza gastronomica che ha conquistato anche la stampa internazionale. Non è un caso, infatti, che nel maggio 2024 il New York Times abbia inserito le sue orecchiette tra i “25 piatti di pasta da provare assolutamente in Italia”.
Un riconoscimento che vale come una medaglia d’oro per chi, da oltre cinquant’anni, impasta a mano, con pazienza e maestria, lo stesso tipo di pasta, simbolo assoluto della tradizione culinaria pugliese.

“È dal 1966 che nella mia famiglia si fanno orecchiette a mano”, racconta con orgoglio Antonella Ricci. Figlia d’arte, con un passato solido nella ristorazione pugliese, la chef ha saputo coniugare il rispetto delle origini con una visione contemporanea della cucina. A Milano, città cosmopolita per eccellenza, ha voluto creare un luogo dove si respirasse aria di Sud, dove il profumo del pane fatto in casa si mescolasse al calore dell’accoglienza e alla bellezza delle ceramiche artigianali.

Le sue orecchiette nascono da una ricetta semplice, che non ammette scorciatoie: solo semola rimacinata e acqua, in una proporzione studiata per ottenere la consistenza perfetta. “Il segreto è usare circa la metà dell’acqua rispetto alla semola – spiega – e lavorare l’impasto a lungo, finché non diventa molto sodo”. Poi, con il classico coltellino, ogni piccolo disco viene trascinato e ripiegato su sé stesso, dando vita alla forma concava e rugosa che trattiene alla perfezione ogni sugo.
Ma la perfezione, si sa, è questione di esercizio. “Fare orecchiette è come suonare uno strumento: ci vuole pazienza, ripetizione e un po’ di arte. Anche guardare dei video può aiutare”, suggerisce Antonella, che spesso, come nelle cucine di casa, si ferma in sala a mostrare ai clienti la tecnica esatta per creare la famosa forma a “cappello di prete”.

Non bastasse la qualità della pasta, è il condimento a fare la differenza. La versione entrata nella top 25 del New York Times è un omaggio alla cucina povera pugliese, ma con una sensibilità contemporanea e grande attenzione alle consistenze e agli equilibri.
Broccoli divisi in due cotture – metà bolliti e metà frullati – si uniscono a pomodorini appesi leggermente confit, acciughe sciolte in olio EVO aromatizzato all’aglio, e peperoncino fresco. Il tocco finale è la mollica di pane tostato, che regala croccantezza e richiama le abitudini contadine di non buttare nulla.

È un piatto che profuma di Sud, ma anche di casa. Un inno alla genuinità, all’arte della trasformazione, alla bellezza delle cose semplici fatte bene.
Entrare da Ricci Osteria significa essere catapultati in una masseria pugliese, tra colori caldi, ceramiche di Enza Fasano, luci basse e tovaglie che sembrano uscite dal corredo della nonna. Il menù cambia con le stagioni e propone piatti che attingono a piene mani dalla tradizione, ma sempre con una mano contemporanea: dalle burrate servite con crema di bietole e pancetta croccante, alle polpette al sugo di pomodoro di Manduria, fino agli spiedini di bombette di capocollo accompagnati da stracciatella di bufala e patate arrosto.
E per chiudere in freschezza, il celebre Frozen Mojito nato nel 2006 da un’idea di Vinod Sookar: senza ghiaccio, con menta e lime lasciati in infusione, è il cocktail perfetto per accompagnare la convivialità senza appesantire.

Dal 28 ottobre 2024 al 12 gennaio 2025, ogni piatto di orecchiette venduto ha contribuito a una causa importante: un euro è stato devoluto a LILT Monza Brianza, per sostenere i servizi di assistenza ai malati oncologici. Un gesto che ha dimostrato come la cucina possa anche essere veicolo di solidarietà, oltre che di piacere.
Antonella Ricci e Vinod Sookar, compagni nella vita e nel lavoro da oltre 25 anni, sono una delle coppie più solide e stimate del panorama gastronomico italiano. La loro forza è l’incontro tra due culture: quella pugliese, fondata sulla tradizione e sull’identità, e quella caraibica, aperta alla contaminazione e alla sperimentazione. Il risultato è una cucina personale, colta, mai scontata, che sa emozionare chi la assaggia.
Nel 2022, insieme allo chef Francesco Bordone e ai soci Massimiliano Paradisi, Marco Postiglione e Sergio Maiorino, hanno deciso di portare il loro sogno a Milano. Una scelta coraggiosa, motivata dalla volontà di inserirsi in una città dinamica e multiculturale, “un piccolo centro del mondo”, come ama definirla Antonella.
In un’epoca in cui la cucina spesso rincorre la spettacolarizzazione e l’innovazione a tutti i costi, Ricci Osteria dimostra che la vera rivoluzione sta nel saper raccontare il passato con autenticità, rispetto e amore. Le orecchiette di Antonella Ricci non sono solo un piatto: sono una storia da assaporare, una carezza per il palato e per l’anima. E ora, grazie alla consacrazione del New York Times, sono anche un patrimonio gastronomico da tutelare e tramandare.
Autrice dell'articolo Orchidea Colonna
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