"Culture": quando l’hotel diventa eredità vivente
giovedì 3 luglio 2025

"Culture": quando l’hotel diventa eredità vivente

4' di lettura

Ci sono luoghi che non si limitano ad accogliere, ma raccontano. Custodiscono e tramandano. Più che semplici edifici, sono epifanie d’identità locali, scenografie del quotidiano che si fanno memoria condivisa. Culture: The Leading Hotels of the World, nuovo volume edito da Phaidon in collaborazione con The Slowdown, è una dichiarazione d’amore alla cultura dell’ospitalità d’eccellenza, un atlante raffinato e potente di luoghi straordinari dove il lusso coincide con l’anima.

Dal Marocco al Giappone, da Venezia alla Patagonia, il libro percorre un’epopea visiva e narrativa attraverso oltre 80 hotel selezionati dalla prestigiosa collezione LHW, The Leading Hotels of the World. Ogni struttura è raccontata come un organismo vivo, portatore sano di artigianato, cucina, estetica, architettura, e soprattutto di un’etica dell’accoglienza radicata nelle culture locali.

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Curato da Spencer Bailey con un'introduzione dello scrittore Pico Iyer e contributi di firme autorevoli come Cynthia Rosenfeld e Sarah Miller, il volume è una sinfonia polifonica dove viaggiatori, artisti, designer e intellettuali si alternano a raccontare la cultura come un’esperienza immersiva, un linguaggio che attraversa stanze, pietre, profumi, tessuti e panorami.

Il design del libro stesso è una promessa mantenuta: copertina in seta marocchina blu intenso, motivi geometrici ispirati ai mashrabiya moreschi, dorature, bordi dipinti e nastri segnalibro. È un oggetto che si sfoglia lentamente, come si fa nei corridoi silenziosi di un palazzo veneziano, o tra i giardini profumati di un riad marocchino.

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Ma è nella selezione degli hotel che il concetto di "culture" si rivela in tutta la sua ricchezza semantica. A Capella Ubud, nel cuore della giungla balinese, gli ospiti si muovono lungo sentieri muschiati con bastoni di bambù, entrando in ville che sembrano templi nascosti. A São Lourenço do Barrocal in Portogallo, la terracotta locale plasma non solo l'estetica degli spazi ma anche l’atmosfera, con 350.000 mattoni cotti e posati secondo antiche tradizioni rurali.

Nel cuore di Amsterdam, il De L’Europe celebra il patrimonio olandese accostando tende in velluto bruciato al sole e una riproduzione museale dei Girasoli di Van Gogh. È una dialettica continua tra permanenza e trasformazione, tra radici e reinvenzione.

In Marocco, il Royal Mansour è un mondo a parte: architetture islamiche scolpite a mano, cortili con zellij che riflettono la luce come specchi d’acqua e profumi di zagara. Lì, la cultura è un rito quotidiano fatto di gesti precisi, come la cerimonia del tè o il passaggio silenzioso di un cameriere in djellaba.

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Al Palazzo Venart di Venezia, intarsi lignei, lampadari in vetro di Murano e affreschi dialogano con la curatela di design contemporaneo. Qui la bellezza non è mai statica, ma continua conversazione tra il passato e l’oggi. Il Violino d’Oro, poco lontano, custodisce il genius loci lagunare in ogni dettaglio, dai tessuti Rubelli ai pavimenti in terrazzo veneziano.

Il libro non racconta solo gli alberghi, ma anche chi li abita, li cura, li immagina. Le voci degli intervistati – tra cui l’artista Solange Azagury-Partridge e il designer Tom Dixon – scandiscono l’intimità di un rapporto quasi spirituale con gli spazi. L’hotel non è un semplice contenitore, ma una forma abitata del pensiero estetico. Un luogo di risonanza.

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E poi ci sono le storie incise nella materia: a Chablé Yucatán, le tecniche costruttive maya diventano architettura contemporanea; al Jackalope Hotel in Australia, il design futuristico si fonde con l’orizzonte dei vigneti; a Le Sirenuse a Positano, le ceramiche locali e le bougainvillee sospese definiscono una forma di mediterraneità che è quasi mitica.

Non manca l’Africa, dove il Thanda Safari in Sudafrica fonde conservazione ambientale e lusso etico. O il Medio Oriente, con il The Setai Tel Aviv che emerge come una sinagoga del design tra pietra antica e minimalismo contemporaneo. Ogni angolo del mondo raccontato è una storia di senso.

Culture è anche un esercizio di riflessione. Come scrive Pico Iyer nella sua prefazione, “la cultura è difficile da definire quanto la bellezza o il gusto, ma la riconosciamo appena la vediamo”. E in effetti, il libro funziona come un occhio nuovo, un filtro che seleziona, approfondisce, invita a vedere oltre la superficie. La cultura, in questo contesto, è l’insieme invisibile di pratiche, simboli, memorie e sogni che fanno di un hotel non solo un luogo di soggiorno, ma una soglia verso un altrove.

Spencer Bailey e il team editoriale orchestrano questo viaggio globale come una partitura visiva e narrativa, dove ogni hotel è una nota, ogni racconto una melodia. La selezione fotografica – tra cui spiccano gli scatti di Mark Borthwick, Stefan Giftthaler e Ilyes Griyeb – è parte integrante del discorso: mai illustrativa, sempre evocativa, materica, pensata.

Il progetto, nato dalla collaborazione tra LHW, The Slowdown e Phaidon, si inserisce in una collana che ha già avuto un primo volume nel 2021 e che promette ulteriori uscite. Ma Culture segna una maturazione stilistica e contenutistica: più che un libro, è un manifesto del viaggiare consapevole, dove la destinazione è sempre anche interiore.

In un’epoca dove la velocità e l’uniformità minacciano l’unicità dei luoghi, Culture è un invito alla lentezza, all’ascolto, all’immersione. Un invito a cercare negli hotel non solo comfort, ma risonanza. Perché, come suggerisce il titolo stesso, l’ospitalità autentica non è mai una questione di stelle, ma di storie.

 
Autrice dell'articolo Orchidea Colonna 
Orchideacolonna@yahoo.com