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Il più grande rimpianto dell'eterno vice Joe Biden

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Sara' una primaria tra Pantere Grigie quella dei Democratici nel 2020. L'attrazione del Potomac, il fiume che scorre vicino alla Casa Bianca, e' una droga che da' assuefazione, specialmente ai liberal, e per quanto stupefacente possa sembrare alla gente normale, la griglia dei contendenti vede gia' allineate le tre piu' vecchie, in ogni senso, conoscenze del partito: Biden, Hillary, Sanders. A Joe Biden non e' andata giu' di aver rinunciato a correre nel 2016 pensando che fosse l'ora della “inevitabile” Hillary, e gli otto anni da vice Obama gli hanno lasciato l'amaro in bocca, placabile solo con una nuova corsa fra quattro anni. Del resto, a rileggere la comunicazione rilasciata da Joe mesi fa, nel momento della rinuncia a correre nelle primarie del 2016, non si trova alcuna allusione alla fine della sua carriera politica, ma piuttosto il dramma della perdita del figlio e il ritardo nell'avvio della mobilitazione dei suoi fans. E piu' tardi, quando i giochi erano ormai fatti a favore della Clinton, ma la nominata DEM mostrava tutte le crepe della sua candidatura, il vecchio Joe disse “non passa giorno che io non rimpianga la decisione di non correre”. Anche se per lui sarebbe il terzo tentativo dopo il 1988 e il 2008, insomma, la storia recente del Biden ‘Vice di Obama' e' tale che suona plausibile il fatto che abbia lasciato piu' di una porta aperta alla possibilita'.  “Certo che correro' nel 2020”, ha risposto in tono scherzoso alla domanda semiseria del notista politico di punta del Washington Post, Chris Cillizza. Ma poi Joe si e' fatto serio, e ha aggiunto “non prendo l'impegno che non correro'. Non prendo nessun impegno. Ho imparato tanto tempo fa che il fato ha strani modi di intervenire”. Avendo 77 anni nel 2020, sarebbe un filo avventato per lui lanciare da subito una vera campagna, ma il messaggio possibilista lanciato al partito, e al popolo DEM che ha bocciato la Clinton, e' chiarissimo. L'eta'? Parlando con Stephen Colbert nel suo programma “The Late Show”, il 6 dicembre, ci ha scherzato sopra. “Mai dire mai, chissa' che cosa succedera'…. Ecche' diavolo! Donald Trump ne avra' 74, io ne avro' 77, e in una forma migliore…”. E' diffusa peraltro la convinzione, e non solo a sinistra, che se Biden fosse stato l'alternativa a Trump avrebbe vinto facile: sicuramente, non avrebbe lasciato al repubblicano il monopolio della classe operaia bianca come ha fatto Hillary, e quanto a simpatia delle due persone non c'e' partita. A proposito di Hillary, che avra' 73 anni alle prossime elezioni, uno avrebbe pensato che il suo futuro non contemplasse piu' la Stanza Ovale. Ma invece, un mese dopo la batosta con Trump, e otto anni dopo l'umiliazione subita da Barack, la Clinton non si dedica ai nipotini, ma a tenere insieme la rete di donatori, di accoliti, di funzionari a tempo indeterminato legati al suo attivismo, sia alla Clinton Foundation sia nelle anticamere delle cariche, dal Senato alla Segreteria di Stato. “Se lei volesse correre ancora, e a mio avviso probabilmente lo fara', perche' fanno sempre tutti cosi', credo che stia facendo un buon lavoro a mettere fin da adesso le basi”, ha detto a FoxNews.com Brad Bannon, strategist democratico e Ceo della Bannon Communications Research, a proposto dei meeting che ha gia' tenuto e che continua a organizzare con la vecchia rete dei fedelissimi. E l'apparizione in Senato di due giorni fa per l'addio del senatore del Nevada Harry Reid, il capo della minoranza Democratica? E' stato il primo segnale pubblico di una sua probabilissima “ridiscesa in campo”. Nel suo discorso ha detto di aver perso contro Trump per le “false notizie” diffuse prima del voto, il tormentone che impedisce ai DEM, sciaguratamente per loro, di fare l'analisi spassionata del perche' gli americani hanno dato al GOP 70 Grandi Elettori in piu', e la maggioranza assoluta nei due rami del Congresso, nelle legislature statali e tra i governatori. Come per Biden, anche per Hillary il 2020 sarebbe la terza chance. Possibilita' di farcela a parte, e' ovvio che il tentativo soddisfa quantomeno il bisogno psicologico di rimozione della batosta. Gli allenatori delle squadre sconfitte dicono sempre “non vedo l'ora di preparare la prossima sfida”, e per Hillary e' lo stesso: le manca come l'aria l'adrenalina di 18 mesi di comizi, di riunioni con lo staff, di interviste, nel suo caso anche di malori malcelati. Chissa' cosa ne pensa pero' il suo manager, Bill, che aveva gia' mostrato segni di usura durante la campagna. Forse credeva di avere gia' ripagato Hillary abbastanza, con il suo appoggio senza risparmio per la carriera della moglie, a compenso di quella dozzina di umilianti tresche sentimentali: prima il seggio di senatrice, poi la sfida con Obama, poi ancora la corsa contro Trump…. Invece Bill dovra' spremersi ancora, e avra' 74 anni nel 2020, per aiutare la moglie a vincere la corsa delle vecchie glorie. Oltre a Biden, infatti, c'e' Bernie Sanders, che si sta scaldando per rivincere il seggio di senatore del Vermont nel 2018, ideale trampolino per il 2020, quando avra' 79 anni. Glauco Maggi twitter @glaucomaggi

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