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La rivoluzione che fa discutere: il bancario in jeans non ispira fiducia

Daniela Mastromattei
Daniela Mastromattei

Daniela Mastromattei è caposervizio di Libero, dove si occupa di attualità, costume, moda e animali. Ha cominciato a fare la giornalista al quotidiano Il Messaggero, dopo un periodo a Mediaset ha preferito tornare alla carta stampata

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La svolta aberrante nel dress code della Goldman Sachs, la banca d'affari più blasonata d'America, dimostra che al peggio non c'è mai fine. Addio abito scuro e cravatta, via libera a jeans e maglietta, felpa e sneaker per i 36mila dipendenti dell'istituto che ora sono autorizzati a scegliere un abbigliamento “rilassato”. L'ordine di servizio arriva dal nuovo capo David Solomon, subentrato all'austero Llovd Blanfkein (per 12 anni al comando), che con un colpo di spugna ha voluto cancellare anni di rigore e bon ton del mondo della finanza. Il manager, promosso cinque mesi fa al timone della banca, di sera ama passare le serate nei locali di New York e Miami come dj anche con un discreto successo, un suo disco qualche mese fa è entrato nella hit parade di Billboard dei motivi più ballabili: questo la dice lunga sulla sua difficoltà di distinguere il giorno dalla notte. Battute a parte, davvero un gran coraggio quello di David nel voler rompere tradizioni così radicate nella sontuosa seconda residenza di banchieri e ricchi uomini d'affari. Una notizia che indubbiamente piacerà molto alle aziende di casual, molto meno invece ai sofisticati sarti di abiti su misura. E nonostante non ci siano più i rigidi divieti, i pantaloni corti per gli uomini e gli abiti troppo appariscenti per le donne dovrebbero restare fuori dalla banca, è nelle regole. Ma c'è un sibillino libero arbitrio che spaventa più di ogni altra cosa: il manager invita i dipendenti a esercitare il loro giudizio scegliendo capi adeguati agli impegni della giornata e alle aspettative dei clienti che dovranno incontrare. Due sono le cose: o Solomon sopravvaluta i suoi dipendenti o sottovaluta i suoi clienti. In entrambi i casi commette un errore grossolano. E le sgradite sorprese non mancheranno. Forse il manager voleva adeguarsi alla nuova tendenza che sta prendendo piede nelle aziende più “evolute” di tutto il mondo, dove regna sovrana la regola di essere “rilassati” per lavorare meglio. Come spiega Carlo Rovelli, autore del libro "Ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza", in ambiente positivi, dove si abbandonano orgoglio, strafottenza e arroganza per dare spazio a entusiasmo e collaborazione ci si concentra di più. La complicità abbatte le tensioni, limita l'aggressività e permette una maggiore produzione. Rilassati fa bene, ma non con i pantaloni causal e le t-shirt un tantino scolorite. Anzi, in ufficio non si può giocare con il look, l'abito sbagliato o volgare mette in difficoltà chi lo indossa e chi è costretto a subirlo. Una mise sgraziata e sempre fuori luogo, non aiuta nessuno. Vorrei vedere le facce di quelli che si presenteranno alla Goldman Sachs per investire i propri risparmi quando si ritroveranno davanti un bancario stile Fedez… La rivoluzione dei costumi non deve mortificare l'individuo a base di sciocchezze colossali. Siamo usciti dal Medioevo da un pezzo e passati per il Dolce Stil Novo, senza averlo studiato abbastanza (purtroppo).

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