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Non ci crede più nemmeno il Cav:"Il grande Milan non esiste più"

Berlusconi: "Costretti a vendere Ibra e Thiago. Investitori stranieri? Ben vengano, li aspetto. Kakà? Non chiudo al suo ritorno"

Andrea Tempestini
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  Addio sogni di "grandeur", addio campagne acquisti mirabolanti, addio arrivi in elicottero a Milanello, addio ai sogni che si avverano (da Lentini fino a Ibrahimovic). La pietra tombale sulla squadra dei sogni che fino fu la mette l'artefice, l'autore del miracolo rossonero, il regista che ha filmato la storia della "squadra più titolata al mondo", il presidente Silvio Berlusconi: "Il grande Milan non esiste più". Il Cavaliere torna a parlare del giochino rossonero dopo un lungo silenzio, lo fa a Milan Channel: "Dobbiamo guardare al Milan del presente, che è forte con un quintetto di campioni come Pato, Robinho, Boateng (che ora vedo da centravanti), El Shaarawy e Cassano". Secondo Berlusconi "anche quest'anno il Milan può disputare un ottimo campionato, migliore di quello dell'anno scorso dove ci sono stati molti infortuni". Poi il Cav si dimostra più realista del re: "La situazione economica non consente più le spese dei primi anni '90. Non si possono acquistare giocatori straffermati, come quelli che hanno maracto le campagne acquisti degli scorsi anni. Dobbiamo costruire una grande squadra grazie ai giovani. Il Barcellona ha fatto così. Ricordo che il Milan stellare è partito così: dai Maldini, Baresi, Costacurta". "Ben vengano gli investitori stranieri" - Peccato però che quel Milan stellare oggi non ci sia più. Mancano i soldi. E così anche Berlusconi, che del Milan ha sempre voluto farne una cosa sua e sua soltanto, apre le porte "a chi volesse dare una mano alla squadra". Ossia agli investitori stranieri: lo sceicco o l'oligarca russo di turno. "Noi abbiamo a cuore il bene del Milan. Soprattutto e prima di tutto il Milan", ha commentato Berlusconi. "Vedo le squadre che hanno continuato a spendere molto, i loro proprietari sono fuori dal sistema europeo - continua Silvio -. Vengono dalla Russia o dagli Emirati. Anche per queste squadre scatterà il financial fairplay. Altre squadre spendono di più in questa stagione, consapevoli che non potranno farlo nella prossima. Il calcio fa parte dell'economia globale, gli introiti si dovranno misurare con la crisi: abbonamenti, biglietti e sponsor". "Forti anche senza Ibra e Thiago" - E gli introiti, Berlusconi, li ha misurati sì con la crisi. Ha dovuto piegare la testa e spiega: "Non volevamo cedere sia Ibra che Thiago Silva. Leonardo ci aveva contattato, ma dicemmo no. Poi l'avance del Psg, è proseguita e abbiamo pensato anche al fair-play finanziario". Con questo "sacrificio", spiega il presidente, "i conti saranno in ordine per i prossimi 3-4 anni. Il mio cuore piangeva. convinti però di avere in casa giocatori molto validi. In attacco non sentiremo la mancanza di Ibra. In difesa crediamo in Acerbi. Chi non avrebbe voluto vedere ancora ad esempio Seedorf? Il tempo avanza per tutti. Abbiamo dato l'addio a diversi giocatori, ci aggiungo anche Pirlo. Si è trattato di una scelta imposta alle esigenze di bilancio, imposta. La mia famiglia ha versato ogni anno 50 milioni nel calcio. Oggi non sarebbe più possibile per noi, che stiamo contenendo le spese nelle altre società. Non potevamo rifiutare la cifra del Psg per i due giocatori: questo ha messo in sicurezza i conti della società".  "Kakà? Non escludo il suo ritorno" - E il futuro? Per i giorni che verranno una delle più accreditate voci di mercato tratteggia un ritorno al passato, a Kakà. "Non ho approfondito l'argomento con Galliani - ha chiosato Silvio -. Kakà è nei nostri cuori per il giocatore e l'uomo che è". E ancora, sul possibile ritorno: "Non chiudo ad una possibilità di quel genere, bisogna poi vedere le condizioni. Ci sono giocatori che hanno segnato la storia del Milan". Il presidente lancia poi un messaggio ai tifosi rossoneri, scorati per la deludente campagna acquisti che ha ridimensionato "la squadra più titolata al mondo": "Giocheremo sempre con la nostra mission, essere padroni del campo e del gioco. Questa è la nostra missione. I tifosi non dovranno vergognarsi della loro squadra. Non credo che la proprietà e la dirigenza improvvisamente non possono più avere la fiducia dei tifosi. Non c'è la sicurezza nel calcio che chi più spende più vince. Si veda Abramovic: ha vinto solo quest'anno dopo che ha speso molto".  

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