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Coronavirus, la sperimentazione in Italia inizia troppo tardi: "Fate 'sto vaccino e che sia finita"

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Giovanni Sallusti
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Per dirla con buon senso popolare, che sarà fuori moda nell'era dei premier Azzeccagarbugli, ma è sempre un buon metodo: fate questo vaccino, e che sia finita. Altrimenti, a furia di psicosi per i ventenni-untori che non vogliono farsi segregare in casa d'estate, toppe dirigiste peggiori del buco (vedi il blocco dei licenziamenti che causerà più licenziamenti), minacce perenni di un secondo e letale lockdown, non ci sarà più un Paese. Ieri è stata inaugurata allo Spallanzani di Roma la sperimentazione sull'uomo del vaccino tutto italiano contro il Coronavirus, messo a punto dall'azienda ReiThera. Un'ottima notizia, mesi fa. Un passo non più rinviabile, oggi, fine agosto, in Italia, prima nazione europea colpita dalla pandemia. Non fraintendeteci, lo sappiamo anche noi che la creazione di un vaccino è materia complessa, regolata da ferrei e sacrosanti protocolli, che richiede fasi plurime di testaggio, verifiche e controverifiche. Per quanto bavosi populisti banditi dal circuito della stampa perbene, Sir Karl Popper lo abbiamo orecchiato, ricordiamo vagamente che la scienza non è alchimia, procede per tentativi ed errori, contempla logiche proprie non riducibili ad un articolo di giornale. Ma la politica, o la sua sostituta al tempo del Covid, la decretazione compulsiva firmata Conte-Casalino, dannazione, quella sì. Quella può e deve essere oggetto di critica, almeno finché Palazzo Chigi non chiederà pieni poteri anche su ciò che va in edicola (a occhio, non manca molto).

TRIONFALISMO
E allora, non possiamo non annotare che ieri è trionfalisticamente (troppo?) partita soltanto la prima fase della sperimentazione, quella che controlla la sicurezza ed è limitata a una cerchia di 90 volontari. «Se tutto andrà per il meglio, potremmo avere il vaccino in primavera su base commerciale» ha detto Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani. A cui vanno i nostri applausi. A lorsignori (s)governanti, invece, giriamo alcuni numeri, quelli della corsa mondiale al rimedio contro il virus. Gli Stati Uniti hanno 13 candidati vaccini in via di sperimentazione sull'uomo (e Trump ha dichiarato più volte verosimile una versione definitiva in autunno). La Cina 7, di cui uno appena registrato (su cui certo, come nel caso russo, valgono le perplessità relative all'opacità del regime, ma lo sforzo del sistema-Paese è stato indubbio). Il prototipo inglese sviluppato a Oxford è uno dei più avanzati al mondo, già nella fase tre della sperimentazione. I campioni, peraltro, li ha fabbricati un'azienda di Pomezia, la Advent-Irbm. Ma la differenza l'ha fatta il governo britannico (sì, quello del "negazionista" Boris Johnson) puntandoci sopra già a maggio 131 milioni di sterline. Ecco, allora, la domanda da girare ai timonieri giallorossi della barca Italia, che quanto a eccellenze della medicina, della ricerca e del privato avrebbe poco da invidiare anche ai grandi vascelli globali. Perché non è stato fatto un macro-investimento economico, politico, simbolico sulla produzione del vaccino? Perché, prendendo un secondo sul serio il linguaggio retorico di Conte, non è stato predisposto un «intervento poderoso» di liquidità a sostegno dei tentativi italiani per scovare l'unica, vera arma contro il Corona? Tutto il resto, francamente, è noia, e comincia a trascolorare nel grottesco. I banchi con le rotelle o senza, le discoteche chiuse o semiaperte, i bonus monopattino. Vogliamo giocare all'emergenza permanente, come piace ai grillo-piddini? Bene, in qualsiasi emergenza ad essere dirimente è la scala delle priorità. E in una pandemia non c'è priorità maggiore del vaccino. Se andava fatto uno sforzo straordinario, se andava previsto un investimento anomalo, se andava messo a bilancio un indebitamento extra, era anzitutto su questo fronte.

EUROPA DELUDENTE
Tutto sul vaccino, questa sarebbe stata una politica emergenziale seria, piuttosto che la caccia ai runner e la criminalizzazione degli aperitivi. Non a caso, è la politica di Trump, che sul vaccino si gioca una fetta buona di rielezione, e ha chiuso per tempo svariati accordi con le multinazionali della farmaceutica. Non hai il peso negoziale della Casa Bianca? Certo, ma a maggior ragione imponi una priorità, stana sul tema l'Europa, battiti perché i fondi dell'Unione siano vincolati in quel senso, tu che hai visto il virus al suo peggio, tu che hai avuto Bergamo, la Wuhan del Vecchio Continente. Già, l'Europa. La Commissione ha annunciato ieri, a sei mesi dal deflagrare del contagio sul proprio suolo, di aver concluso «colloqui esplorativi» con Moderna, gruppo americano delle biotecnologie, per l'acquisto di un potenziale vaccino. Esplorano, gli euroburocrati, mentre l'amministrazione Usa ha già un contratto con Moderna per 100 milioni di dosi. Giuseppi non esplora neppure, si aggiusta la pochette e (stra)parla di «modello Italia» nella lotta al Covid. Fateci questo vaccino, e magari vedremo la luce.

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