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Mario Draghi, la sfilata delle pecorelle. I politici già saliti sul carro del futuro premier

Fausto Carioti
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La corsa per salire sul carro di Mario Draghi è iniziata. Superato lo shock per l'impatto del meteorite, i dinosauri dei partiti si sono chiesti quale sia il modo migliore per adattarsi all'ambiente mutato e sopravvivere. L'ex presidente della Banca centrale europea non chiede di meglio: per far partire il proprio governo (e magari tra un anno puntare al Quirinale) ha bisogno di loro. Per questo, d'intesa con Sergio Mattarella, ha presentato l'esecutivo come una scatola vuota: sul coperchio c'è il suo nome, ma il contenuto non è prestabilito. Come ha spiegato ieri ai suoi interlocutori, non gli interessa la provenienza dei ministri, ma «solo che siano capaci». E ha un programma antistatalista: a chi perde il lavoro vuole dare «non sussidi, ma opportunità», lasciando intendere che abolirebbe volentieri il reddito di cittadinanza. Ma la decisione dipenderà anche dalle risposte che gli daranno le forze in Parlamento. Posto che l'obiettivo è uscire rapidamente dal baratro sanitario ed economico, la ciurma e il percorso dipendono da chi ci sta. I primi a capirlo sono stati quelli del Pd, lestissimi nel gettare a mare Giuseppe Conte. In nome dell'idea più cinica e semplice: rimpiazzare l'avvocato pugliese con il banchiere romano, toccando tutto il resto il meno possibile. Hanno provato così a mettere il loro cappello su Draghi e il suo governo, come fecero all'epoca con Carlo Azeglio Ciampi, che passò dalla Banca d'Italia a palazzo Chigi e qualche anno dopo finì al Quirinale.

Squadra rossa - Un lavoro di squadra: sulle pagine di Repubblica, ieri mattina, appariva un improbabile "totoministri" nel quale figuravano Conte o Paolo Gentiloni agli Esteri, Roberto Speranza confermato alla Sanità, Luciana Lamorgese inchiodata al Viminale e una serie di altri personaggi perfetti per un nuovo governo giallorosso. Unica variante consentita, la presenza di Forza Italia, ma pure questa non è una novità: si riformerebbe la "maggioranza Ursula", chiamata in questo modo perché composta dalle liste che hanno votato per la commissione von der Leyen: Pd, M5S e azzurri. Il primo a muoversi per evitare che il «Draghi 1» sia una sorte di «Conte 3» è stato proprio Silvio Berlusconi. Il Cavaliere è uscito allo scoperto: ieri ha detto che quella dell'ex presidente della Bce è «una personalità di alto profilo istituzionale» attorno alla quale si può «tentare di realizzare l'unità sostanziale delle migliori energie del Paese». Vorrebbe che Matteo Salvini facesse lo stesso, ma intanto le sigle del centrodestra si presenteranno separate davanti al premier incaricato. La mossa di Berlusconi ha provocato quella di Luigi Di Maio, terrorizzato all'idea di essere tagliato fuori. «È proprio in queste circostanze che una forza politica si mostra matura», ha spiegato ai parlamentari e agli elettori rimanenti. Il segnale che lui e i suoi sono pronti, se Alessandro Di Battista vuole andarsene è libero di farlo.

«Ci sono e ci sarò» - E siccome Conte non può accettare di essere scavalcato da Di Maio nella corsa per la sopravvivenza, e intende contendergli la guida del movimento, Rocco Casalino lo ha portato in piazza per far sapere a tutti che lui auspica «un governo politico che faccia scelte politiche». Dice agli «amici» del movimento Cinque Stelle «io ci sono e ci sarò», sprona quelli del Pd e di Leu a «lavorare tutti insieme per proseguire il nostro progetto politico». In questo modo il premier uscente si candida ad essere il custode dell'ortodossia giallorossa, per trapiantarla dentro casa Draghi. Un disegno partigiano, in aperto contrasto con le indicazioni di Mattarella, il quale ha chiesto a «tutte le forze politiche» di appoggiare un governo di unità nazionale. Così ora il cerino acceso è nelle mani di Salvini e Draghi. Il capo della Lega deve decidere se sorreggere un governo assieme a forze di sinistra, condizionandone la linea grazie ai suoi 194 parlamentari, oppure tenersi fuori, per evitare che i dividendi dell'opposizione finiscano tutti nel forziere di Giorgia Meloni. Draghi, dal canto suo, deve capire quanto cedere alle richieste che Salvini gli presenterà domani in cambio del suo appoggio. Nicola Zingaretti sogna la Lega fuori dal governo, ma è disposto ad ingoiare il rospo: «Spetta al professor Draghi costruire il perimetro della maggioranza». All'ex governatore di Bankitalia il Carroccio servirebbe sia perché «rappresenta il blocco sociale dei produttori», come gli ricorda Giorgetti, sia per liberarsi dall'ipoteca che il Pd e i grillini hanno messo su di lui e sul suo programma. Più ampia sarà la maggioranza, meno sarà condizionato dai ricatti.

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