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Coronavirus, la Sanità italiana? Non è un regalo ai sudditi: ciò che in pochi ricordano su medici e infermieri

Iuri Maria Prado
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C'è una specie di carosello, presso gli influencer del modello italiano che «sta dando i suoi frutti» (97mila frutti, circa): è il report dell'accesso alla vaccinazione, la cronaca della felice esperienza della suocera o del nonnetto accompagnati a farsi la puntura e la commozione - altro che inefficienza! - perché all'ombra della primula gli infermieri e i dottori stavano tutti con la mascherina ed erano pure gentili. Stai a vedere che dovevano gironzolare tra i vaccinandi senza protezioni e prenderli a male parole. Dietro a questo ridicolo compiacimento perché la pubblica amministrazione, per una volta, ti assicura il minimo che ti deve anziché sputarti in faccia, lavora un pregiudizio micidiale: e cioè che il cittadino sia in posizione esclusivamente debitoria rispetto allo Stato.

 

 

 

 

 

Il fatto che le cure sanitarie siano pagate salatissime dal cittadino, rappresenta un dettaglio che evidentemente sfugge alle sensibilità civili di chi celebra i vaccinatori perché hanno la bontà di non mandarti affanculo. Attenzione, è senz' altro vero che molto spesso il personale del sistema sanitario lavora in condizioni di tale disagio e sottodimensionamento che c'è da ringraziare il cielo se torni a casa indenne: ma è la gratitudine che provi se scampi all'agguato del rapinatore, e se ci ragioni un attimo capisci che semmai dovresti arrabbiarti, altro che ringraziare, visto che con tutto quel che ti succhia il potere pubblico ci manca pure che l'infermiere ti tratti male.

 

 

 

 

 

 

C'è qualcosa di profondamente sbagliato in un Paese stupefatto perché assiste a un caso di funzione pubblica che fila liscio: l'idea che servire il cittadino costituisca un'ipotesi graziosa, una specie di regalo, anziché l'adempimento di un dovere molto ben remunerato. 

 

 

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