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Non è l'Arena, da Giletti l'assurda pretesa di non pagare chi fa vaccini: l'imprenditore "massacrato"

Renato Farina
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Domenica sera, su La 7, Massimo Giletti ha ospitato un signore che, per ragioni di sicurezza e di opportunità, si è lasciato inquadrare solo di nuca e non ha comunicato il suo nome. Dopo di che il titolo della trasmissione si è contraddetto subito. Si chiama infatti "Non è l'Arena", e allora perché lì viene infilzata la gente senza neanche l'eleganza che si usa in Spagna con i tori? Il malcapitato ospite è stato presentato come l'uomo capace di fornire al Veneto 12 milioni e rotti di dosi di vaccino Pfizer. In un battibaleno da testimone suo ma soprattutto nostro malgrado dell'incapacità europea e italiana di procurarsi l'antidoto, è stato trafitto in qualità di "farabutto", "criminale", "avvoltoio", "speculatore". Uno che succhia il sangue dei malati trafficando alla "borsa nera" materiale indispensabile per l'umanità. Il poveretto si è qualificato come commerciante.

Compra e vende medicinali dalle grandi agenzie internazionali che si approvvigionano di farmaci dalle multinazionali del ramo, tra cui la produttrice del primo tra i composti salvifici certificati da tutti gli organismi di controllo. Ha provato a dire che non esiste il monopolio da cui l'obbligo delle varie ditte di cedere i loro prodotti in esclusiva agli Stati. Essi li ricevono secondo quantità, tempi e prezzi stabiliti dai contratti, che però l'Unione Europea non ha resi pubblici. La Pfizer non sta adempiendo gli accordi? Ci sono strumenti per farli rispettare. Ma poi esiste il mercato. Che non è né parallelo né deviato. E funziona come sempre. Ci sono i grossisti che acquistano stock e poi li piazzano al miglior prezzo che è calmierato dalla concorrenza secondo il gioco della domanda e dell'offerta. L'ospite di Giletti ha la licenza, non ha mai truffato nessuno. Non commercia cannoni o droga: colloca autotreni di aspirine e viagra, antibiotici e chemioterapici. Utili per curare il mal di denti e debellare il cancro. Con il suo utile, ovvio: trattasi di lavoro.

 

 

 

 

Dai palazzi della Regione Veneto, conoscendo la sua serietà di mercante di spezie (Dante apparteneva a questa categoria a Firenze: quella degli speziali), gli è stato domandato se fosse in grado di sopperire alla mancanza di fiale magari della marca più accreditata. Detto fatto. E siamo alla proposta di acquisto per 12,5 milioni di dosi, equivalenti a due milioni e mezzo di fiale. Merce garantita. Da pagare secondo la prassi internazionale del business. In questo momento Israele ha inoculato praticamente tutta la popolazione pagando 28 dollari, circa 24 euro a dose. Gli Usa, che hanno in casa la Pfizer, stanno galoppando al costo di 20 dollari, circa 17,5 euro a puntura.

L'Unione Europea ha strappato il prezzo migliore: 12 euro a dose, e questo spiega la maggior velocità nella fornitura a Paesi extra-europei. E qual era la cifra che Luca Zaia aveva accettato di sborsare per procurarsi la salvezza della sua popolazione? 12,5 euro a pozione magica. Un affare, ci pare. Ovviamente non conosciamo il tizio che ha proposto l'affare. Né siamo esperti del ramo per giudicarne l'affidabilità. Ma perché visto che, a differenza dei fornitori di mascherine ad Arcuri, costui non è un "improvvisato freelance" (come la Procura ha definito Mario Benotti e i suoi soci), ma un professionista iscritto all'albo, si è demonizzato e bloccata la fornitura benefica? Dove sarebbe l'immoralità della faccenda? Una volta che la burocrazia è svelta, ecco che invece di elogiarla, la si tratta come complice di uno schifoso monatto, che gode della peste, come - ha detto un ospite di Giletti - come quelli che ridevano del terremoto dell'Aquila. Luca Telese e Alessandro Cecchi Paone, dotati del fucile d'ordinanza fornito da casa Giletti, hanno partecipato con voluttà al plotone d'esecuzione. Hanno considerato, come detto, l'anonimo sensale come un mercante di carne umana, quasi fosse Uriah Heep che dondolasse dinanzi al povero vecchio candidato al Covid la dose di vaccino intimando: paga o muori. Balle.

 Il candidato alla ghigliottina, già sputazzato dalle tricoteuses gilettiane, ha provato a spiegare che questo è il suo lavoro: sa che ci sono magazzini sparsi in Svizzera, Belgio, Francia che commerciano liberamente prodotti consegnati dalla casa madre, e lui è un loro cliente privilegiato, capace di far aprire i benedetti freezer. La Germania, non fidandosi dell'Europa, aveva già provveduto in dicembre a trattative private. Telese e Cecchi Paone, in nulla tenuti a freno dal conduttore, si sono scatenati contro il malcapitato ospite sulla base di un unico concetto: «E' una vergogna ricavare denaro dall'emergenza del Covid!». Hanno calcolato il guadagno di mezzo euro a dose in carico ai privati, considerandolo denaro del diavolo.

 

 

 

C'era anche il vice ministro alla Sanità, Pierpaolo Sileri, il quale ha invece rifiutato di tirare il suo sasso, e da uomo di medicina ha compreso perfettamente che nessuna truffa, raggiro, sciacallaggio era - allo stato delle conoscenze - imputabile al grossista di farmaci. Gli ha chiesto con rispetto, magari per salvarlo dalla lapidazione: «Telefoni domattina al commissario Domenico Arcuri, gli proponga l'acquisto, ma faccia il gesto di rinunciare, in considerazione dell'emergenza e della sofferenza di tanti, alla sua provvigione». Qui il signore, dando le spalle ha dato modo di essere preso da dietro, non ha detto nulla. Lì si gioca la sua libertà di essere generoso fino a lavorare gratis. Si può fare. Noi però se fossimo stati in lui avremmo denunciato il greve moralismo che dominava le luci di quella ribalta su La7. Avremmo detto: dottor Giletti, quante trasmissioni ha meritoriamente dedicato all'emergenza Covid? Dieci, venti, ventitré...

Quanti soldi ha incassato lavorando su questo tema, o ha rinunciato per rispetto ai malati? Così gli altri presenti. E allora i medici e gli infermieri che hanno ricevuto un premio per la loro dedizione, hanno forse speculato sul dolore? E il professor Umberto Veronesi che operava i tumori al seno delle donne, siccome presentava una salata parcella era un ladro, una iena, un avvoltoio? E anche lei, gentile signor viceministro, che si è dedicato con tanta abnegazione alla lotta contro il Coronavirus, data l'emergenza, ha rinunciato alla sua paga? La legge è la legge, e guai a chi la viola. Ma in Italia ci sono signori che caricano sulle spalle degli altri pesi che loro non sfiorano neppure con un dito.

 

 

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