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Ong, immigrati pestati dagli scafisti. L'intercettazione del volontario: "Io non faccio la spia"

Renato Farina
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Invano il mio amico C. R. aveva testimoniato l'orrore dei traffici umanitari. Titolare di una società specializzata in sicurezza marittima era stato ingaggiato in questa veste da compagnie ong impegnate nel soccorrere naufraghi davanti alle coste libiche.Ci sono stati salvataggi autentici, certo. In molti casi però ha verificato l'esistenza di un patto tra gli scafisti cattivi e i loro complici buoni per definizione, in quanto "umanitari". Tra loro era un classico l'appuntamento per il trasbordo dei migranti da canotti pensati proprio per un naufragio a orologeria con soccorso incluso. Tutto previsto nel pacchetto pagato dai profughi e/o clandestini. Favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, si dirà. Certo. E tutto questo non è niente rispetto a una prassi schiavistica accettata e protetta da un'omertà utile al protrarsi dell'affare umanitario.

 

 

Le foto ieri pubblicate da Repubblica, prese dal fascicolo d'indagine dei pm di Trapani, trasferiscono la nostra mente ai sussidiari delle elementari dove si raccontava della frusta e del latrato di cani nelle piantagioni di cotone in Alabama prima della guerra di secessione. C'erano le illustrazioni. Le schiene nude rigate dalle cicatrici. Queste foto sono invece di pochi anni fa. Canale di Sicilia. Vi si vede uno scafista - che non è sinonimo di tassista abusivo come sosteneva Emma Bonino ma di negriero - che ha organizzato il viaggio dai porti della Tripolitania verso la nave "Vos Hestia". Costui con il ghigno di un attore da film di Tarantino usa il bastone di ferro giallo e la cinghia di pelle per infierire sui suoi sciagurati clienti, che hanno versato migliaia di dollari per essere trattati da bestie.

Un razzismo violento salvaguardato con il silenzio e il ricatto da mascalzoni che poi vanno dal Papa a farsi benedire come buoni samaritani del XXI secolo. C.R. aveva visto, aveva chiesto che i suoi datori di lavoro denunciassero lo scafista torturatore. Niente da fare. Il carnefice arriva gongolante e sicuro a riva, ha il suo bello zaino, ripulito e fresco eccolo sulla banchina del porto di Reggio Calabria: ripartirà tranquillo per rifornire le navi della provvidenza, così splendidamente affidabili per i criminali, con altro bestiame dotato di anima. Ma ce l'hanno un'anima i "salvatori"? Forse sì, ma è un'anima razzista. Pur di farsi mettere in testa l'aureola di eroi chiudono occhi, orecchie e bocca sui maltrattamenti di creature inermi.

Altrimenti finisce il businnes. C. R. ha denunciato tutto. Ha perso l'appalto, gli armatori delle Ong anche se la sua ditta è la migliore, non lo vogliono più, perché ha posto come condizione la trasparenza e la legalità. Ha dato questa testimonianza nel libro di Massimo Polledri "I misteri del Mediterraneo". Il libro inchiesta sulle Ong, edito da Rubbettino e con la prefazione di Vittorio Feltri. Ora nelle carte dei pm siciliani compaiono intercettazioni desolanti. «Ti ho detto seimila volte che non ho il ruolo di fare la spia». Riferendosi a C.R.: «Appena torna lo scemo vedo cosa vuole fare, altrimenti lo mando a fare in culo dicendogli: "Vedi dove te ne devi andare, ti vuoi stare zitto o te ne vai"». Se n'è andato. In Procura.

 

 

 

 

 

Diciamolo. Finché queste cose le ha scritte un Polledri, con il torto di essere stato senatore della Lega, e le riferisce Libero, non succede nulla. C'è un razzismo inesorabile che delegittima nel mainstream chi non appartiene al coro delle voci rosse o bianche. Per fortuna la Procura di Trapani ha lavorato, e Repubblica ha esibito le pistole fumanti, grazie a Salvo Palazzolo. Vedremo a processo se saranno smontate dalla difesa. Intanto siamo felici che il quotidiano degli Agnelli non abbia censurato una realtà assai scomoda per i migrazionisti dei quartieri alti.

Et voilà. Si alza il sipario sull'ipocrisia assassina di certi benefattori dei migranti. Magari fosse un sipario, è un sudario. Ci sono le impronte del sangue di tanti povericristi. Sono neri, anzi fratelli, per usare il linguaggio dei loro aguzzini dal dolce e salvifico sguardo. Stiamo parlando dei comandanti e dei capi missione di svariate navi Ong (non tutte, almeno si spera). Sono coinvolti marchi prestigiosi in corsa per il Nobel della pace, quali "Save the Children" e "Medici senza frontiere". Sapevamo avessero trasferito in Italia molti presunti profughi, il più delle volte clandestini, ma non è questo il punto. Siano degni di asilo oppure no, qui non è questione. Il fatto è che sono persone. Invece in certi casi - lungi dal trascinarli fuori dai gorghi per amore - li hanno ricevuti dai negrieri, loro sì fratelli, come le bande di rapitori fanno con gli ostaggi.

 

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