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Open Arms, Matteo Salvini a processo? "Tutte le prove lo scagionano, ecco perché è innocente"

Matteo Salvini

Renato Farina
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Matteo Salvini va a processo. Da indagato diventa imputato di sequestro non di persona, ma addirittura di una folla di 147 immigrati, il più grosso rapimento della storia della Repubblica. Neppure Graziano Mesina e neanche i banditi dell'Aspromonte erano mai arrivati ad accumulare un simile capo d'accusa. Una mostruosità di cui mai nessun politico di un Paese democratico è stato accusato. La prima udienza a Palermo sarà il 15 settembre. Qual è il problema di questa storiaccia? In tanti - e hanno ragione, per carità - sottolineano l'assurdità di trascinare davanti ai tribunali una scelta politica, e che essa andava eventualmente combattuta in piazza (lo dicono le Sardine) o alle urne (lo sostengono anche i contestatori della linea "porti chiusi", che però sono garantisti, come Piero Sansonetti e altri galantuomini).

 

 

Be'. Un po' poco. Un po' tardi. Ormai il danno è fatto, le uova sono diventate frittata e tuorli ed albumi non possono essere ricomposti nei gusci rotti. La questione oggi è più elementare, si tratta di rispondere alla domanda: Salvini è colpevole o innocente? Occorre prendere posizione. È troppo comodo rispondere: deciderà la magistratura. La magistratura in Italia è quella che è. L'abbiamo vista all'opera contro Berlusconi. Abbiamo letto tutti i messaggi di Luca Palamara, allora leader della corrente più forte delle toghe, organizzare l'agguato a Salvini sulla base dell'idea che «ha ragione ma va fermato».

NESSUN SEQUESTRO
Ecco, analizzati gli elementi, tutti quanti, superando i pregiudizi ideologici, persino le simpatie politiche, è chiaro come il sole che Salvini, in quanto ministro dell'Interno, ha agito in base alla legge, non ha sequestrato nessuno, ma ha cercato in ogni modo di impedire che la nave cosiddetta salvatrice di migranti, la Open Arms, insistesse nel tenere a bordo in condizioni di sovraffollamento persone umane, trasbordandoli come fossero oggetti, pur di usarli come armi contundenti contro il loro nemico politico. Insomma: Salvini è innocente. Non ha commesso reati. Non si capisce come sia stato possibile che il gip abbia accettato la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal procuratore capo Lo Voi e dei suoi aggiunti e sostituti.

 

 

Alla sbarra sarebbero dovuti finire semmai gli organizzatori di una sceneggiata a cui, vergognosamente, hanno partecipato coloro che fino a un momento prima dell'attracco della nave in Sicilia sono stati solidali con il ministro dell'Interno, e poi quando si stava profilando all'orizzonte la sostituzione della Lega con il Pd, hanno sventolato la bandiera rossa. Parliamo di Danilo Toninelli, ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, e, ovviamente, di Giuseppe Conte. Nelle 110 pagine depositate in Tribunale dalla senatrice Giulia Bongiorno, in quanto legale di Salvini, non c'è una sola riga di retorica avvocatesca, ma un'ostinata sequenza di fatti, testimonianze, documenti. Dalla lettura contrapposta a quella della procura - che pare la traduzione in magistratese dalle tesi sostenute in tivù da Carola Rackete e Luca Casarini - emerge oltre ogni ragionevole dubbio la semplice, chiara evidenza del leale comportamento di Salvini. Il quale ha esercitato la propria autorità attuando le condotte che il voto del Parlamento ha garantito essere congrue per l'attuazione dell'articolo 52 della Costituzione: «Difendere la Patria è sacro dovere del cittadino». Il leader della Lega lo ha rivendicato. Ma non si tratta di un'intenzione soggettiva.

GLI ERRORI DEI PM
La politica di contrasto dell'invasione di massa, nel momento stesso in cui è stata proposta dal governo, approvata dalle due Camere, firmata dal capo dello Stato che ne ha avallato la costituzionalità, come fa a essere considerata reato da chi la pone in essere? Tale sarebbe se Salvini, criminalmente, avesse vessato gente inerme, caricato di sofferenze e procurato malattie a naufraghi. Non è così. Giulia Bongiorno si è presa la briga di far tradurre e di leggere parola per parola il diario di bordo del comandante della Open Arms, Oscar Camis. Lo stesso che è stato ricevuto con solennità da Enrico Letta, che ne ha indossato la felpa come se fosse la divisa degli alpini del generale Figliuolo. Cosa emerge dal diario? Che la ricostruzione dei pm è rimpinzata di errori. Il diario è la prova a discarico che taglia il ditino dello spagnolo puntato contro l'ex ministro dell'Interno. È il metodo Bongiorno. Non si tratta di contrapporre a un teorema un contro-teorema. Ma di mostrare che il castello accusatorio è tirato su con mattoni di cartapesta incollati tra loro dal cemento della bugie. La signora del foro non è nuova a simili performance. Fece lo stesso al processo Pecorelli dove Andreotti era imputato di omicidio. La tesi dei pm era che il Divo Giulio avesse commissionato l'assassinio per impedire la divulgazione del memoriale Moro in una versione diversa da quella nota, giunta in mano al giornalista assassinato, che avrebbe distrutto la reputazione dello statista dc. 

 

 

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