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Ucraina, Indro Montanelli: mai come oggi le sue corrispondenze sono state così attuali

Montanelli al lavoro

Giancarlo Mazzuca
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Mai come in questi giorni, bombardati dai reportage dei tanti inviati speciali in Ucraina, mi è tornata in mente la figura di Indro Montanelli che, oltre ad essere stato il miglior testimone del Novecento, per vent' anni - dal 1936 al 1956 - è stato il più grande corrispondente di guerra dai fronti di mezzo mondo: dalla Spagna alla Finlandia, dall'Albania all'Ungheria. A distanza di così tanto tempo i servizi giornalistici del toscano di Fucecchio restano molto attuali: sembrano quasi essere stati scritti adesso a Kiev e dintorni. Le coincidenze con le vicende belliche di oggi sono tante ma una, in particolare, merita attenzione: anche Indro raccontò le sorti di popolazioni assalite dai carri armati russi come capita oggi agli ucraini. In particolare, accadde in Finlandia ed Ungheria. 

HELSINKI
Ad Helsinki, Indro scrisse tanti articoli sull'eroica resistenza contro i sovietici del popolo finnico guidato dal maresciallo Gustav Mannerheim che lo stesso Montanelli aveva conosciuto in precedenza quando era stato costretto a trasferirsi in Estonia dopo i "fulmini" del Minculpop per i suoi articoli sulla guerra civile spagnola. Mannerheim, che era stato ufficiale zarista, aveva già combattuto per l'indipendenza di Helsinki dopo la rivoluzione bolscevica. Era, poi, tornato in trincea non appena i carri armati sovietici avevano attaccato il suo popolo fino ad arrivare all'armistizio del 13 marzo del 1940 che consentì alla Finlandia di restare indipendente, pur dovendo cedere la Carelia a Mosca. Se già allora Montanelli ebbe occasione di raccontare in tutte le salse il pugno di ferro usato da Stalin, nel 1956 fece il bis con la rivoluzione ungherese quando al Cremlino sedeva Nikolaj Bulganin. Sbarcato a Budapest tra i primi giornalisti occidentali per una fortunata coincidenza (in quei giorni stava partecipando, vestito alla tirolese, ad una battuta di caccia al gallo cedrone lungo il vicino confine austriaco) , poté raccontare l'insurrezione dei comunisti ungheresi pronti ad abbattere la grande statua del dittatore georgiano che troneggiava a Budapest, una città che Indro dipinse come una «necropoli dissepolta». 

LA RIVOLTA
Il grande giornalista - a differenza di quanto sostennero altri, compreso il suo "maestro" Leo Longanesi, che parlarono di una rivolta nata all'interno della borghesia - aveva perfettamente capito che, quella magiara, era una rivoluzione del popolo contro il fallimento del regime del popolo. Le conclusioni di Montanelli non lasciavano spazio a dubbi: «A Budapest il comunismo è morto. Lo dico con profonda convinzione (...) Di esso non rimane che un esercito irto di cannoni, che sparano contro gli operai, gli studenti e i contadini». L'avventura ungherese restò così impressa nella mente di Indro che, in seguito, scrisse la commedia «I sogni muoiono all'alba» ambientata proprio a Budapest. Sì, anche oggi, dopo l'attacco di Putin, i sogni dell'Ucraina (e non solo) rischiano di morire all'alba. 

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