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Binetti: "Impegno per pazienti distrofia facio-scapolo-omerale"

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Roma, 21 giu. (AdnKronos Salute) - Per aiutare chi è stato colpito dalla distrofia facio-scapolo-omerale, malattia rara ereditaria che si manifesta in età adolescenziale, "serve un maggiore impegno per consentire l'assitenza, e in particolare la fisioterapia che giova molto a questi pazienti, poi l'abbattimento delle piccole barriere architettoniche nelle grandi città e tanta ricerca perché ancora non c'è un farmaco 'orfano'". Lo afferma all'Adnkronos Salute la senatrice Paola Binetti, fondatrice e presidente dell'Intergruppo parlamentare che ieri a Roma, in occasione della terza Giornata internazionale della distrofia facio-scapolo-omerale, ha promosso un convegno per discutere sulle necessità dei malati. Al convegno hanno partecipato anche i fratelli Biviano che si sono battuti per l'istitutzione della giornata internazionale. "Il convegno - sottolinea Binetti - costituisce un elemento di continuità con le iniziative promosse in passato, hanno partecipato anche parlamentati neoeletti che hanno avuto modo di vedere come si può lavorare per dare risposte alla comunità. Le associazioni hanno fatto presente l'urgenza di arrivare presto, grazie alla ricerca, a una terapia. Ad oggi, infatti, non abbiamo un farmaco 'orfano' per questa patologia. I pazienti e le famiglie reclamano poi la necessità di avere più sedute di fisioterapia perché quelle che passa il Ssn sono poche, rispetto al beneficio che si ottiene". C'è poi un punto che lega la distrofia facio-scapolo-omerale a molte malattie che costringono i pazienti alla sedie a rotelle: "permangono ancora troppe barriere architettoniche che limitano la libertà dei malati", precisa la senatrice di Forza Italia. Sul fronte della ricerca farmacologica sono stati fatti piccoli passi in avanti. "E' stato evidenziato come in Italia ci sono 10 Irccs che hanno progetti sperimentali e studi clinici sulla patologia. Anche Telethon sta lavorando su questo fronte", aggiunge Binetti che conclude evidenziando "come anche l'attività sportiva potrebbe essere d'aiuto ai pazienti, ad esempio la vela come hanno sottolineato le associazioni, ma serve personale specializzato e le strutture attrezzate per praticarla".

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