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Il giro del mondo in 200 scatti L’immagine diventa storia

Apre a Parma una grande mostra dedicata al fotografo americano pluripremiato Quarant’anni di viaggi che formano un racconto visivo e un ponte tra le culture
di Daniele Priorisabato 22 novembre 2025
Il giro del mondo in 200 scatti L’immagine diventa storia

3' di lettura

Gli Orizzonti lontani di Steve McCurry diG ventano la finestra sul mondo attraverso la quale da oggi Parma può affacciarsi idealmente e non solo sulle grandi fascinazioni fotografiche dei più bei lavori del fotografo artista americano. A Palazzo Pigorini, infatti, è possibile visitare e ammirare da vicino il meglio di 40 anni di viaggi alla ricerca dello scatto che in maniera più fedele andasse a rappresentare come, in un certo senso, la distanza nello spazio possa diventare occasione di confronto e di dialogo. La potente galleria di circa 200 immagini che saranno esposte, fino al 12 aprile 2026, nel capoluogo ducale, è proprio lì a dimostrare come l’arte sia la migliore complice per trasportarci in località remote. L’esposizione – curata da Biba Giacchetti con il team di Orion57, e prodotta da Artika col patrocinio del Comune di Parma – mette in scena oltre quarant’anni di reportage, immagini che non seguono un filo cronologico o geografico ma dialogano per affinità di emozioni, atmosfere, soggetti. In questo racconto visivo, la fotografia di McCurry diventa arte, ma anche fonte di informazione e ponte tra culture distanti.

Ogni scatto è carico di senso: non sono solo immagini da ammirare, ma vere e proprie aperture su vite, contesti, drammi e speranze. «Orizzonti lontani, sottotitolo della mostra, non è una scelta casuale. Anzi è un invito, un monito, l'indicazione della necessità di uscire dalla limitatezza eurocentrica (o occidentale) per aprirsi alla pluralità delle culture globali. Soltanto in questo modo, forse, è possibile avere la giusta predisposizione mentale ed emotiva per poter affrontare le sfide del nostro tempo, come guerre e migrazioni» ha spiegato a Libero, Daniel Buso, organizzatore dell’evento «che però – ci ha tenuto a precisare - non vuole essere un'attività politica ma un modo per mostrare come tutti gli esseri umani condividano gli stessi sentimenti e la medesima necessità di essere compresi». Lo sguardo del fotografo appare paziente e rispettoso: come lui stesso racconta, «se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso dite». Un metodo chiaro, quello di McCurry, che punta a raggiungere la dimensione interiore dei suoi modelli, ognuno con la propria storia personale. Ed è grazie a questa prospettiva antropocentrica che i confini e persino i conflitti, pure più volte inseguiti e rappresentati nella sua gloriosa carriera da McCurry, cadono.

«Nelle foto di McCurry il dialogo è sempre protagonista. In primis, nel rapporto che si instaura itra il soggetto fotografato e l'autore. McCurry non si occupa di “scatti rubati” odi street photography, ma ama entrare in connessione con i soggetti tentando di far emergere nell'obiettivo la loro autenticità» ha detto l’organizzatore a margine del vernissage riservato alla stampa. Tra le foto in mostra non manca il celebre ritratto della ragazza afghana dagli occhi verdi, icona universale che ha attraversato decenni e continenti. Ma accanto a questo volto simbolico, si trovano anche immagini meno note, scattate in Asia sud-orientale, Cina, Sud America e altri angoli del pianeta. La forza di Orizzonti lontani risiede nella dote artistica di McCurry di trasformare il reportage in un linguaggio universale. Le foto di guerra, di deserto, di villaggi remoti sono anche strumenti di dialogo: parlano di conflitti, ma anche di resilienza; mostrano la diversità, senza rinunciare all’empatia che il più delle volte è espressa dalla rappresentazione delle fasce in teoria più deboli e maggiormente soggette a divenire vittime di ogni tipo di sopraffazione, come le donne e i bambini restano tra i protagonisti maggiormente immortalati negli scatti di McCurry. Particolare che apre a un messaggio ambivalente. Non solo la pietas ma soprattutto l’omaggio alla forza e alla capacità di resistere delle donne in un mondo spesso a loro ostile. «Donne col burqa che fanno shopping, mamme che camminano per chilometri per approvvigionarsi alle remote fonti idriche in Africa o monache buddhiste impegnate in attività filantropiche. In tutto il mondo le donne sono protagoniste attive della società, concetto da ribadire anche in Occidente dove il problema della violenza di genere e delle pari opportunità è quanto mai urgente», ha concluso Buso.